10 aprile 2014 – Bruxelles dà un colpo sull’acceleratore all’azionariato attivo. Una proposta di revisione dell’attuale direttiva sui diritti degli azionisti (direttiva 2007/36/CE), che ha lo scopo di migliorare il governo societario delle circa 10mila società quotate nelle Borse europee, promette di dare più diritti ai soci delle aziende, agevolandoli nell’esercizio dei loro attuali diritti e rafforzando i diritti stessi. Come il diritto a dire la propria sulle remunerazioni, il cosiddetto “say on pay”.

Bruxelles si prefigge di porre rimedio alle lacune in materia di governo societario delle imprese quotate, in relazione ai consigli di amministrazione, agli azionisti, agli intermediari e ai consulenti in materia di voto (ossia imprese che prestano servizi agli azionisti, in particolare la consulenza sul voto). «Come ha dimostrato la crisi – scrive la Commissione in una nota – troppo spesso gli azionisti hanno appoggiato l’eccessiva assunzione di rischi a breve termine da parte degli amministratori, senza esercitare un attento controllo sulle società in cui avevano investito. Si garantirebbe così un maggiore impegno degli azionisti e un miglior controllo sulla dirigenza che dovrebbe dar conto del suo operato e agire nell’interesse a lungo termine della società».

Gli elementi principali della proposta impongono agli investitori istituzionali e ai gestori di patrimoni obblighi di trasparenza più rigorosi in materia di politiche di investimento e di impegno nelle società in cui investono, istituendo un quadro per facilitare l’identificazione degli azionisti, in modo che possano esercitare più agevolmente i loro diritti, ad esempio i diritti di voto, in particolare in contesti transfrontalieri (il 44% degli azionisti risiede in un altro Stato membro o fuori dai confini della Ue). I consulenti in materia di voto dovrebbero inoltre garantire una maggiore trasparenza delle metodologie utilizzate per l’elaborazione delle raccomandazioni di voto e delle modalità di gestione dei loro conflitti di interessi.

Per la prima volta a livello europeo, si introdurrebbe il diritto di voto degli azionisti sulle retribuzioni. Oggi la scarsa correlazione tra le remunerazioni e i risultati di gestione incoraggia una dannosa tendenza alla programmazione a breve termine. Le proposte obbligherebbero le società a pubblicare informazioni trasparenti, comparabili ed esaurienti sulle loro politiche retributive e sulle relative modalità di attuazione. A livello Ue non sarebbe previsto alcun vincolo in relazione all’importo massimo delle retribuzioni, ma ogni società sarebbe tenuta a sottoporre al voto vincolante degli azionisti la propria politica retributiva, che dovrebbe peraltro fissare un tetto alla remunerazione degli amministratori. La politica delle retribuzioni dovrebbe inoltre illustrare le modalità di tutela degli interessi e della sostenibilità a lungo termine della società e spiegare come si sia tenuto conto delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro dei dipendenti nella determinazione della politica stessa, in particolare giustificando la proporzione tra gli stipendi dei dipendenti e quelli degli amministratori.

Per Michel Barnier, commissario per il Mercato interno e i servizi, «gli ultimi anni hanno dimostrato a più riprese che una visione miope, concentrata sul breve termine, danneggia l’economia e le imprese europee. Un buon governo societario può contribuire a invertire questa tendenza. Le proposte incoraggeranno gli azionisti a impegnarsi maggiormente nelle società in cui investono e ad adottare una prospettiva di più lungo periodo. A tal fine, essi devono poter esercitare un controllo adeguato sulla dirigenza, con la possibilità di esprimere un voto vincolante sulle remunerazioni».

Eurosif (European Sustainable and Responsible Investment Forum) ha emanato un comunicato in cui plaude all’iniziativa.

Fausta Chiesa

A cura di ETicaNews