1 luglio 2013 – Una galassia di informazioni tale da rischiare di smarrirsi, nella quale spuntano risultati talvolta anche stupefacenti. Ma nella quale rimangono alcune zone d’ombra nonostante sembrino esserci le forze, in termini concettuali e di impegno, per trovare la corretta rimodulazione. Il Bilancio di sostenibilità di Unipol pubblicato nelle scorse settimane è un documento che ben rappresenta la complessità di una delle maggiori realtà finanziarie nazionali (per di più, impegnata nell’integrazione di Fondiaria-Sai, rilevata nel 2012), le cui radici affondano sin dalle origini in un ambito a forte connotazione mutualistica e sociale, sia per territorio di partenza (Bologna) sia per referenze proprietarie (le cooperative). In questa complessità, emergono alcuni aspetti che meritano un approfondimento particolare. A cominciare dalla posizione del gruppo negli investimenti Sri (socially responsible investment): oggi Unipol vanta asset coerenti con i criteri Esg (environmental, social, governance) pari a oltre 20 miliardi di euro (pag. 75), valore che la pone tra i principali operatori Sri quanto meno in Italia. Una segnalazione particolare meritano anche le politiche di azionariato attivo, poiché la società è pronta a spingere su un ente, Euresactiv, che ha contribuito a fondare negli anni passati, per renderlo protagonista nelle scelte Esg nelle società di cui si possiedono quote (pag. 77). E il grande sforzo in erogazioni liberali, cresciute nel 2012 a quota 7,9 milioni di euro (contro i 5,8 dell’anno precedente).

PLURIENNALE E RICLASSIFICATO

Oltre ai temi specifici (e giornalisticamente notiziabili a sé), il Bilancio sociale si segnala a livello complessivo per essere integrato in un piano di sostenibilità triennale 2010-2012, ed essere il consuntivo di questo percorso connesso con quello “industriale”. Un concetto singolare, quello della pluriannualità, e che appare coerente con una progressiva integrazione degli obiettivi “responsabili” e quelli strategici nel medio periodo. Nella direzione di un’integrazione tra le due anime (rendicontazione finanziaria e rendicontazione responsabile) va un altro aspetto da evidenziare, ossia la presentazione dei risultati riclassificati per valore aggiunto distribuito tra gli stakeholder (pag. 62), utilizzando il modello proposto da “Gruppo di studio per il bilancio sociale” (vedi intervista di ETicaNews a Ondina Mei). Appare significativo l’incremento nel 2012 a 2 miliardi di euro (dagli 1,2 miliardi del 2011) e, soprattutto, che oltre il 60% del valore aggiunto prodotto vada a lavoratori, agenti e altri distributori (solo il 7,3% ad azionisti e soci).

TRASPARENZA ANCHE SCOMODA

Sempre a livello generale, va rilevato in positivo il grande dettaglio e la trasparenza su tutti i temi trattati, anche quelli abitualmente trascurati, come la descrizione dei rapporti di collaborazione con le istituzioni (Consob, Covip, Banca d’Italia, Antitrust, Ivass, il Legislatore), sul piano di regolamenti e provvedimenti normativi (pag. 68), indice spesso trascurato che viceversa dà un’idea concreta del ruolo sociale di un’azienda. Trasparenza anche per i temi più scomodi. Tra questi, l’attività e la remunerazione dei numerosi consiglieri (pag. 27). Per la sola capogruppo sono 25, ma diventano 67 per l’intero gruppo (e senza donne). Viene spiegato che, sempre per la capogruppo, sono stati nominati sulla base di un’unica lista del socio Finsoe e che «per il momento la remunerazione dei consiglieri non esecutivi non è legata ai risultati economici della società», ma si legge che il cda ha proposto una modifica delle politiche di remunerazione. Interessante che Unipol evidenzi anche gli effetti dell’articolo 36, ossia la norma del decreto Salva-Italia del governo Monti per cui si è messo un freno ai doppi incarichi dei consiglieri (il cosiddetto interlocking). In Unipol questo ha portato alle dimissioni di un consigliere. Massima trasparenza anche per la parte relativa all’attività del Comitato per la responsabilità sociale, nella sua funzione di Comitato Etico (pag. 21). Le riunioni non sono state eccessive (quattro), ma ha dovuto valutare un boom di segnalazioni (130, rispetto alle 44 del 2011) di presunta incoerenza o violazione del Codice etico (ha pesato certo l’operazione Fondiaria-Sai).

STORIE DA VALORIZZARE

Per contro, occorre rimarcare come talvolta l’eccesso di dettaglio rischi di portare fuori strada. Viene adottata la tecnica dei riquadri per gli aspetti ritenuti più significativi, ma non sempre questo è sufficiente a orientarsi nella grande mole di informazioni. Per giunta, in questi riquadri si mantiene il medesimo passo descrittivo del documento portante, non sempre cioè vengono valorizzate le storie che richiederebbero altro stile narrativo capace di assai maggiore enfasi. Per esempio, esperienze come il campo di volontariato presso la Cooperativa Terre Joniche – Libera Terra (pag. 87) per lavorare i terreni confiscati alla mafia, hanno potenzialità di racconto emotivo e narrativo senza dubbio ancora da esplodere. Discorso simile per il progetto Welfare Italia (pag. 70), ambito in cui Unipol sta producendo risultati di ricerca di grande interesse e con grande potenzialità di coinvolgimento.

UNA TABELLA DI RISULTATI

In termini di risultati, lo sforzo del colosso emiliano viene sintetizzato nella tabella di una pagina (pag. 167), dove vengono analizzati i parametri di performance economiche, performance sociale e performance ambientale. Qui, per contrasto con la grande mole di informazioni del volume, l’elenco appare piuttosto contenuto e molto sbilanciato sull’attività core dell’azienda (dati di bilancio, clientela, rete) probabilmente per la complessità di mettere a confronto determinati dati in un gruppo in grande trasformazione come Unipol. Un’osservazione è che nella ripartizione mancano indicatori che possano sintetizzare la governance (in coerenza con i concetti Esg: environmental, social e, appunto, governance), quali l’attività dei consiglieri (i costi, le presenze, gli incarichi) o la partecipazione degli stakeholder alla gestione (tasso di coinvolgimento e condivisione, road show, interazione). Mancano anche i confronti con gli obiettivi originali. Anche se Unipol scrive (pag. 168): «Quasi il 60% delle linee d’intervento previste (dal piano triennale, ndr) sono state realizzate, solo il 7% non è mai stata avviata a cui si aggiunge un ulteriore 7% che non ha conseguito gli obiettivi di sostenibilità previsti; le attività residue sono ancora in corso e andranno a regime nel Piano di sostenibilità 2013-15» . Nel complesso, tra i segni positivi (cioè in miglioramento) ci sono il valore aggiunto prodotto, la quota di donne in azienda, le erogazioni e i consumi di gas. Dati negativi per quanto a investimenti in formazione (pesa probabilmente la riorganizzazione), i contributi all’ambiente, i consumi di elettricità e acqua (anche questi, probabilmente condizionati da importanti riassetti logistici della sede).

PUNTI DEBOLI

Tra i punti deboli del Bilancio, manca un’analisi qualitativa della governance, al pari della gran parte delle società italiane: viene cioè fornita una precisa fotografia della struttura azionaria (che, a sua volta, è stata semplificata accorciando la catena di controllo delle holding delle cooperative) e di governo. Tuttavia, sarebbe opportuna un’indicazione su ciò che un particolare assetto proprietario di maggioranza (in questo caso, evidentemente, la predominanza del mondo cooperativo) significa in termini di scelte strategiche, di posizionamento, di rapporti con i sindacati e con le amministrazioni locali. In Unipol, peraltro, questo si traduce spesso in riflessi assai positivi (come l’ottimo rapporto con le rappresentanze dei lavoratori: il 68% dei dipendenti è iscritto ai sindacati, pag. 85; o come le opportunità di business offerte dalla rete delle Organizzazioni socie, pag. 102). In termini concettuali, desta qualche perplessità l’affermazione di pagina 24 sul codice etico: «Il Comitato Etico si propone di procedere a un aggiornamento del Codice Etico […] per renderlo in grado di meglio corrispondere alla propria natura di strumento volontario della società, che svolge una funzione proattiva, che non ha competenze di interpretazione delle normative esistenti, né sovraordinate a quelle attribuite alle magistrature. L’obiettivo è quello di evitare utilizzi impropri del Codice Etico e di quanto in esso stabilito, ad esempio allorché insorgono contenziosi di varia natura tra azienda e singoli stakeholder». Pare una sorta di retromarcia sul valore dello stesso. Viceversa, una spinta in favore dell’etica avrebbe richiesto una piena integrazione tra codice etico e modello 231 (viceversa, a pagina 34, nella puntuale descrizione del Modello organizzativo di gestione previsto in ossequio della Legge 231, latitano i riferimenti all’etica e alla sostenibilità). Un altro aspetto criticabile riguarda la chiarezza su ciò che accadrà col prossimo bilancio, visto che quello attuale è il documento conclusivo del piano di sostenibilità triennale 2010-12. Insomma, c’è un altro piano triennale? Cosa prevede? Si intuisce che tutto sia in una fase di profondo ripensamento per effetto dell’integrazione tra Unipol e il gruppo Fondiaria-Sai. A pagina 19, si fa riferimento a una «piattaforma» e a un «cantiere» di sostenibilità, indicandoli come realtà costituite per lavorare nel percorso di integrazione. Ma questo aspetto suscita punti interrogativi, piuttosto che fornire risposte.

MASSIMA ACCESSIBILITÀ

Va evidenziato che il Bilancio di sostenibilità di Unipol è accessibile direttamente dall’home page. Inoltre, cosa non comune, è da segnalare che, oltre a evidenziare la presenza in organigramma del Responsabile Etica e sociale Walter Dondi (posto tra il presidente e l’amministratore delegato), nell’ultima pagina del documento sono elencati tutti i nomi (compreso Dondi) che hanno contribuito alla sua realizzazione. Inoltre, è riportato un indirizzo email «per chi vuole comunicare opinioni e suggerimenti».

 

A cura di ETicaNews