1 luglio 2013 – Unipol dichiara oltre 20 miliardi di investimenti coerenti con i criteri Esg (environmental, social, governance). È quanto pubblica il gruppo finanziario bolognese nel Bilancio di sostenibilità 2012. Tale posizione di finanza Sri (socially responsible investment), che rende Unipol probabilmente il maggiore investitore “responsabile” in Italia (o quanto meno quello con i più elevati dati contabili in questo senso), è il risultato di un’attività di monitoraggio e adeguamento avviata tre anni fa, con il Piano di sostenibilità 2010-12. Il piano triennale aveva tra gli obiettivi, si legge ne bilancio, «quello di coniugare gli obiettivi economici e di redditività con quelli di natura sociale, ambientale e di governance (approccio Esg), tramite la valutazione dei singoli investimenti con particolare attenzione ai criteri Esg». La valutazione del grado di «sostenibilità e responsabilità degli investimenti» è stata condotta attraverso un processo di Sustainability Assessment indipendente, condotto con il supporto di Ecpi, e ha inciso sulle politiche di investimento.
Il perimetro di applicazione ha compreso «gli investimenti in strumenti finanziari, con esclusione degli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (fondi comuni di investimento istituiti e gestiti da Sgr, Sicav), effettuati direttamente da Unipol Assicurazioni S.p.A. in conto proprio o in nome e per conto delle Compagnie del Gruppo e della Capogruppo, inclusi gli investimenti relativi agli attivi posti a copertura di riserve tecniche, compresi gli investimenti relativi ai Fondi Pensione Aperti e Unit-linked gestiti direttamente dal Gruppo. Nel perimetro sono inoltre inclusi gli investimenti riferiti al patrimonio delle Società appartenenti al Gruppo Bancario. Adottando questo perimetro, la base degli investimenti sottoposti a screening di sostenibilità è molto ampia e complessivamente superiore ai 21 miliardi di euro».
Ebbene, al 31 dicembre 2012 Unipol ha potuto registrare che gli investimenti che soddisfano i criteri Esg (di esclusione di società non coerenti) «rappresentano il 98,1% del perimetro considerato. Il restante 1,9% del portafoglio è oggetto di costante monitoraggio ed è composto in parte da titoli che non rispondono ai requisiti considerati e in parte da titoli non ancora coperti dall’Advisor di Sostenibilità».
Sempre nel Bilancio, Unipol dichiara di non aver investito od operato sul mercato delle commodity alimentari «né a livello di trading proprietario né per conto di clienti». E afferma «di non aver effettuato, nella sua storia, land grabbing, ovvero accaparramento coercitivo e su larga scala di terre nei Paesi in via di sviluppo».
Unipol sembra dunque rappresentare un potenziale target per gli investitori Sri. Da questo punto di vista, tuttavia, sembra che la società bolognese abbia ancora molti passi da compiere. Nel Bilancio di sostenibilità, infatti, non sono menzionati investitori etici, nemmeno road show finalizzati a valorizzare lo spessore Sri del titolo. Unipol, inoltre, non menziona l’inserimento in alcun indice etico.
A cura di ETicaNews