15 luglio 2013 – Si chiama “Il nido della tangenziale” ed è uno degli appartamenti offerti in affitto che si trovano sul sito “Airbnb” nell’emergente quartiere del Pigneto a Roma.
A Cagliari il 18 luglio per la sezione “Cucina 2.0, Quando la passione per il cibo diventa una startup!”, si svolge un evento in cui, in collaborazione con Gnammo, ciascun ospite racconterà in 10 minuti come la sua personale passione per il buon cibo si è trasformata in un business. Il 24 luglio su ScambiaTreno c’è un biglietto AV Milano-Roma che costa solo 35 euro.
Sarà merito della crisi, sarà la magia della Rete. Fatto sta che anche l’Italia sta diventando un Paese in cui si tenta sempre di più di condividere o di scambiarsi qualcosa e la Rete è il luogo ideale per farlo. Grazie anche all’approvazione del regolamento sul crowdfunding, c’è da scommettere che il futuro sarà costellato di storie (di successo o meno) di start up e che, nonostante lo scetticismo, il dibattito attorno a questo fenomeno si intensificherà.
Quest’anno rispetto all’anno scorso, i siti di condivisione sono esplosi e attualmente se ne contano circa 120. In Italia si cominciano a condividere case (oltre a Airbnb anche Dovedormo), si trovano in Rete tate e babysitter (Oltretata); sistemi per richiedere e offrire servizi e risolvere problemi ed esigenze della community (Sfinz, TamTown), condividere la propria passione per la cucina e trovare informazioni su ristoranti e cibo (oltre a Gnammo anche Newgusto), cercare (e organizzare o proporre) settimane in barca a vela in una sorta di social travel (Sailsquare), biciclette (okobici e Splinsters). Online ci sono scuole virtuali in cui si possono condividere corsi per insegnare o imparare tutte le materie possibili e immaginabili (OilProject, SkillBros). Sulla Rete ci si scambia passaggi in auto (Blablacar).
Esistono siti di crowdfunding (se ne contano ormai quasi 40) per finanziare progetti (Prestiamoci e Starteed), portali per noleggiare tra privati (la prima start up italiana del renting peer-to-peer è stata Locloc).
Si baratta, si condividono spazi di lavoro (i coworking sono oltre 70). Tutte cose che fanno sembrare l’Italia quasi un Paese al passo con i tempi. Tanto che se alcuni siti sono di importazione, altri sono unici e nati qui: come Openwear, piattaforma finanziata dall’Unione europea per un approccio alternativo e collaborativo alla moda, Impossible Living per costruire la mappa degli edifici abbandonati, Dropis e Sardex che funzionano con circuiti di crediti commerciali (non si usano gli euro).
Gli antesignani vanno forte. La prima comunità del baratto, Zerorelativo, oggi ha oltre 65.000 annunci e quasi 40mila iscritti. Delcampe la community dei collezionisti ha all’attivo oltre 50 milioni di aste. Subito, la piattaforma per vendere e comprare ogni tipo di prodotto e servizio, ha oltre 54 milioni di annunci. Centinaia di migliaia di persone hanno condiviso viaggi in auto attraverso Carpooling.
Le comunità online sono ancora un fenomeno ristretto e non hanno ancora raggiunto una massa critica, ma si stanno diffondendo. In genere sono gestite da giovani imprenditori sotto i 30 anni o da manager come secondo lavoro che forse gli farà fare fortuna e che intanto dà loro molte soddisfazioni sul piano personale.
Il prossimo passaggio sarà mettere in rete tra di loro tutte queste piattaforme, per ora gestite in modo isolato. Ma anche in Italia la strada della condivisione sembra essere segnata.
Fausta Chiesa
A cura di ETicaNews