13 gennaio 2014 – Cresce nel mondo il numero delle aziende che effettua la rendicontazione Csr. E in maniera consistente, dal momento che, secondo quanto riportato dall’ottava edizione della ricerca “The Kpmg Survey of Corporate responsibility reporting 2013”, il 93% delle 250 imprese con maggiore fatturato a livello mondiale utilizza questa forma di rendicontazione. Allargando l’analisi alle 4.100 aziende nel complesso analizzate dallo studio (ossia le 100 aziende a maggiore fatturazione in 41 Paesi), il reporting Csr è adottato dal 71% delle imprese: un aumento di 7 punti percentuali rispetto all’edizione del 2011. Questi numeri hanno portato, come logica conseguenza, anche a un cambiamento nel dibattito interno: non si parla più dell’opportunità o meno di presentare il report di sostenibilità, ma di «cosa occorre rendicontare e come».

Aspetti che variano caso per caso. «La vera sfida – sottolinea Piermario Barzaghi, Partner Kpmg e responsabile per la Csr– diventa quella di identificare correttamente quelli che sono i temi ambientali e sociali più rilevanti per gli stakeholder e di portarli al centro delle strategie delle imprese per gestire rischi, creare nuove opportunità di business e costruire valore nel medio-lungo periodo». Infatti quelli che oggi rappresentano rischi da gestire diventeranno, secondo il 90% delle aziente del G250 (il gruppo delle maggiori aziende mondiali), anche opportunità per il business nel prossimo futuro: si tratta delle cosiddette “mega forces”, come i cambiamenti climatici, la sovrappopolazione, la scarsità di risorse naturali come l’acqua, potranno rappresentare fattori di discontinuità che apriranno nuove strade di crescita economica.

Nel dettaglio, Asia e Pacifico sono le macroaree che negli ultimi due anni hanno fatto il salto in termini di reporting di Csr: più del 70% delle aziende, infatti, pubblica la rendicontazione Csr, con un incremento del 22% rispetto al 2011. Sul primo gradino del podio però troviamo le Americhe – soprattutto grazie all’exploit dell’America latina – con il 76% delle aziende che pubblicano questa forma di rendicontazione e subito dopo l’Europa con il 73 per cento. La maggiore crescita si è registrata in India (+53%), seguita da Cile (+46%), Singapore (37), Australia (25), Taiwan (19) e Cina (16).

Mentre a livello settoriale, i comparti in cui il reporting di sostenibilità è più diffuso sono il mineriario (che, comunque, non cresce dall’84% della precedente edizione), l’elettronica e l’informatica (che fa un salto di 9 punti da 69 al 78%), e il farmaceutico (che passa dal 64 al 69%). “Maglia nera”, invece, per le costruzioni e la distribuzione (ferme rispettivamente al 66 e al 62%). Tra i settori che negli ultimi anni hanno registrato l’incremento più significativo vanno segnalati l’automotive (77%) e il communications & media (75%).

Restano indietro alcune informazioni importanti per far sì che la coscienza sociale e ambientale diventi un driver di crescita definitivo per le imprese. Lo studio rileva, infatti, che soltanto il il 20% delle aziende G250 riporta un chiaro collegamento tra le performance sulla responsabilità sociale e la retribuzione del management, e solo il 23% pubblica un reporting bilanciato in cui si menzionano non solo i successi riportati, ma anche i feedback ricevuti dagli stakeholder e le aree di miglioramento. Lo studio rileva, infatti, allo stesso tempo che la qualità del reporting delle imprese G250 è discontinuo (ma l’Italia fa bene).

Kpmg rileva come, nonostante sia ancora aperto il dibattito sull’opportunità o meno di presentare il report Csr, si siano creati, dall’ultima edizione del report biennale nel 2011 a oggi, nuovi driver di crescita nel mondo della Csr. Uno su tutti il sempre più importante utilizzo delle linee guida GRI (il 78% delle aziende analizzate), ma anche la parallela diffusione di requisiti di rendicontazione obbligatori in Paesi come India e Uk e l’integrazione tra informazioni finanziarie e non finanziarie all’interno dei report societari.

Certo, non si tratta di un’attività esente da critiche. Da più parti continuano a levarsi opinioni che identificano il reporting Csr come uno spreco di tempo e denaro, o un’occasione per fare “greenwash” senza una vera volontà di cambiare rotta. A queste critiche risponde il chairman di Kpmg Yvo de Boer affermando che «nel 21simo secolo il reporting CR è un essenziale strumento di gestione del business aziendale».

Raffaela Ulgheri

A cura di ETicaNews