3 dicembre 2012 – Harvard guida la mobilitazione universitaria americana contro le compagnie petrolifere. Essere un’università all’avanguardia in materia di sostenibilità del campus, insomma, non è più sufficiente. E così gli studenti di Harvard si stanno mobilitando per introdurre la sostenibilità anche nell’asset management. Gli alunni del rinomato College hanno votato per chiedere all’istituzione di alienare gli investimenti nell’industria petrolifera, del gas e del carbone. E non si tratta di spiccioli, visto che il portafoglio in gestione dell’Università vale oltre 30 miliardi di dollari.

Nelle ultime settimane è stato indetto un referendum affinché l’eliminazione degli investimenti in energie non rinnovabili diventasse la posizione ufficiale del consiglio studentesco. La vittoria è stata raggiunta con una larga maggioranza: il 72% degli studenti partecipanti si è espresso a favore della proposta. La mozione è stata promossa dal gruppo “Student for a just and stable future” (studenti per un futuro stabile e giusto), un network di giovani che, dal 2007, si impegna per sensibilizzare e definire azioni concrete per risolvere i problemi ambientali e assicurare un futuro sicuro alle nuove generazioni. Nello specifico, ad Harvard è stato richiesto di disinvestire il denaro impegnato nelle maggiori 200 compagnie petrolifere.

Il comitato promotore è stato il primo in sei anni a riuscire a raggiungere le 670 firme necessarie per aggiungere la domanda referendaria alle elezioni studentesche. Grazie alla vittoria la posizione ufficiale del Consiglio degli studenti universitari di Harvard è divenuta più green. «In questo momento il 72% degli studenti votanti stanno alzando la loro voce riguardo all’utilizzo di combustibili fossili, dicendo chiaramente ad Harvard di non investire più in compagnie che stanno mettendo in pericolo il nostro futuro», ha affermato Chloe Maxmin, co-coordinatore della mozione. Si attende, a questo punto, che il Presidente di Harvard, Drew Faust, si esprima in proposito. Solo poco tempo fa aveva infatti affermato che per il momento «non era costretta» da alcun fattore a disinvestire i fondi.

L’attivismo degli studenti si inserisce in un quadro globale che ultimamente sembra sempre più spingere verso pratiche sostenibili. Nelle ultime settimane anche l’agenzia di rating Moody’s ha rilasciato un report in cui sottolineava che le compagnie energetiche europee il cui core business è legato alle fonti non rinnovabili potrebbero vedere abbassato il loro giudizio. Il mercato delle energie rinnovabili, infatti, si mostra sempre più competitivo. Allo stesso modo un’alleanza dei più grandi investitori istituzionali formata da, per citarne solo alcuni, Co-operative, BlackRock e Aviva ha richiesto ai governi delle più grandi economie mondiali di migliorare la legislazione in tematica ambientale. Se nulla cambia sono a rischio investimenti per oltre 22 trilioni di dollari.

Harvard non è la prima università americana in cui gli studenti hanno preso posizione riguardo alla salvaguardia del loro futuro. La campagna portata avanti da “Student for a just and stable future” aveva già ottenuto alcuni successi allo Unity College del Maine. Quest’ultimo, infatti, ha scelto di bloccare gli investimenti in fonti non rinnovabili. Allo stesso modo il primo cittadino di Seattle si è impegnato a prendere in considerazione la proposta.

Il gruppo promotore del referendum è stato supportato anche da Bill McKibben, laureato ad Harvard che ha fondato 350.org , un movimento globale per risolvere il problema del cambiamento climatico. Il nome dell’organizzazione prende spunto dalle parti per milione (ppm), appunto 350, che dovrebbero costituire la quantità massima di Co2 nell’atmosfera. A oggi, denuncia il sito, i valori si attestano, invece, intorno ai 392 ppm.

«Dimenticate il risultato della partita Harvard-Yale – ha affermato McKibben – niente ha reso me così orgoglioso di essere un alunno di Harvard più della notizia che i suoi studenti stanno guidando il Paese nel prendere posizione contro il carbone, il gas e il petrolio. Speriamo che anche Harvard come istituzione abbia così a cuore il futuro come i suoi studenti.»

Elisabetta Baronio

 

A cura di ETicaNews