16 gennaio 2014 – Generali non poteva mancare tra chi offre un fondo “sostenibile” anche se in giro se ne sente parlare molto poco. Si tratta dell’European Sri Equity, un comparto in euro di Generali Investments Sicav, declinato su più classi tra cui la E con accumulazione dei proventi destinata agli investitori retail (Isin LU0169244745). La Sicav, autorizzata e domiciliata in Lussemburgo, è nel complesso gestita da Generali Fund Management S.A.
Come spiegano i documenti di presentazione firmati Generali e reperibili online il Fondo, gestito attivamente, mira a conseguire un aumento del valore dell’investimento nel lungo termine investendo almeno il 75% del suo patrimonio in titoli azionari di società europee specializzate nello sviluppo sostenibile. Il gestore seleziona i titoli azionari delle società con la migliore coscienza ambientale, responsabilità sociale e corporate governance, considerando i seguenti rischi: danno all’immagine del marchio e alla reputazione aziendale, pressione legislativa, class action, vantaggio competitivo, capitale immateriale ed impatto di carbonio.
Attenzione però. Il fondo può utilizzare strumenti finanziari derivati con lo scopo di proteggere il suo portafoglio da fluttuazioni sfavorevoli di mercato o dei tassi di cambio. Ma può anche ricorrere a contratti future con lo scopo di ridurre altri rischi o di generare maggiori profitti. Il parametro di riferimento è il 100% STOXX Europe Sustainability Price Index in euro. Va però anche ricordato che la politica d’investimento è cambiata due volte. La prima il 6 giugno 2011, in precedenza il parametro di riferimento era 100% Euro STOXX 50, e poi è cambiata il 29 aprile 2013, abbandonando il parametro di riferimento 100% STOXX Europe 600 Price Index in euro.
Dalla relazione semestrale non certificata al 30 giugno 2013 si scopre che il patrimonio netto si aggira sui 140 milioni di euro, ma dentro questo portafoglio c’è ben poca Italia. Il Paese più rappresentato è infatti la Francia con un peso del 28,78%, seguita da lontano da un terzetto composto Regno Unito, Svizzera e Germania, con quote ciascuno intorno al 14 per cento. A questo punto bisogna andare più in basso anche di Paesi Bassi, Svezia e persino Spagna per incontrarare la quota italiana. In verità molto leggera, all’1,27% del patrimonio netto, e alquanto scarna visto che mentre la Francia piazza poco meno di una trentina di società in portafoglio, l’Italia si limita ad appena due campioni nazionali: Intesa SanPaolo e Prysmian.
Certo, la mappa geografica dei titoli presenti nel fondo presenta anche altre anomalie, a ben vedere ancora più discutibili. Su tutte, probabilmente, la presenza di un Stato a forte vantaggio fiscale come l’Isola di Jersey, ritenuta più meritevole di campioni Sri dell’Italia, occupando il 2,11% e piazzando tre società come le “britanniche” Glencore Xstrata, Wolseley e Wpp. Con un’ultima citazione riservata a Arcelormittal, considerata targata “Lussemburgo”.
Il fondo è stato creato il 2 aprile 2002 in euro. Il parametro di riferimento è come detto il 100% STOXX Europe Sustainability Price Index e le performance storiche recenti confermano una forte correlazione. Nel 2012, dove sono disponibili gli ultimi dati ufficiali l’European Sri Equity ha messo a segno un rialzo del 14,6% a fronte del +15% del benchmark mentre nel 2011 la performance è stata rispettivamente -13,5% e -12 per cento.
A livello di spese, non sono certo a buon mercato anche se quelle presentate nei documenti sono da considerare gli importi massimi che possono essere prelevati agli investimenti. Le commissioni correnti, assimilabili al Ter, sono al 2,54% mentre la commissione di sottoscrizione può arrivare al 5,00% così come la commissione di rimborso al 3,00 per cento.
Fabrizio Guidoni