7 marzo 2013 – Ogni anno aumenta il loro numero di iscritti e di conseguenza il patrimonio in gestione. Già ora, i fondi pensione chiusi (quelli negoziali delle categorie di lavoratori) gestiscono asset enormi e sono nelle mire della finanza. Il più grande è il fondo Cometa, dei metalmeccanici, che ha un patrimonio di 7,3 miliardi di euro e prevede di avere una crescita annua di 900 milioni di euro. Il secondo fondo è il Fonchim (chimici e farmaceutici), con 3,5 miliardi in gestione. Poi c’è la galassia del mondo cooperativo, divisa in tre fondi. Il maggiore, Cooperlavoro, ha oltre mezzo miliardo di patrimonio.

Chi e come gestisce la asset allocation di questi colossi del risparmio previdenziale? La legge impone che la gestione sia affidata a società di gestione finanziaria professionali, ma le linee guida per la politiche di investimento sono dettate dai consigli di amministrazione dei fondi.

Ebbene, qui c’è una sorpresa: non il fondo delle coop, bensì soltanto il fondo dei metalmeccanici ha adottato princìpi di sostenibilità per le politiche di investimento ed è l’unico fondo pensione negoziale italiano ad aver aderito, alla fine del 2010, all’iniziativa Pri delle Nazioni Unite.

Il Presidente del Fondo Cometa di allora era, Fabio Ortolani, che aveva commentato: «Siamo orgogliosi di essere il primo fondo di previdenza italiano ad entrare a far parte di questa rete di livello globale. Non è stato difficile per noi decidere di sostenere e promuovere i valori del Pri, princìpi che riflettono pienamente la nostra idea di investimento, che deve cercare di essere il più possibile responsabile e sostenibile. È importante sottolineare che un fondo di previdenza opera esclusivamente per il futuro dei pensionati di domani e che questo può dipendere anche dagli atteggiamenti virtuosi delle aziende e all’apporto che queste riusciranno ad assicurare in termini di sviluppo e di crescita sostenibile».

Oggi Ortolani, che è rimasto nel board di Cometa, presiede il Fonchim ed è nel consiglio di amministrazione di Cooperlavoro. Diffonderà il “verbo” della finanza sostenibile anche tra i chimici e le coop?

«Sono un artefice di questi temi– dice Ortolani – me ne occupo da tempo assieme a Davide Dal Maso (segretario del Forum per la finanza sostenibile, ndr). Ho contribuito quanto ero presidente al fondo Cometa ad adottare i princìpi Pri e voglio far notare che questo è possibile nonostante molte imprese aderenti al fondo costruiscano armi, aerei, prodotti per la Difesa. Ma si è dovuti passare da un’ottica dell’esclusione del settore di attività (non si investe in armi, tabacco) al monitoraggio delle società. In pratica, non si escludono i settori a priori, ma si tiene sotto controllo il comportamento dell’impresa per verificare che rispetti alcune regole principali in tema per esempio di leggi sul lavoro o di eticità del management».

Secondo Ortolani, manca una cultura della finanza sostenibile e in generale si pensa che investire in modo responsabile implichi l’esclusione, che molti identificano con la perdita della possibilità di rendimento.

Ecco spiegato perché, a oggi, alcuni fondi tra cui il Fonchim non hanno inteso aderire a programmi di eticità. «Federchimica – precisa Ortolani – aderisce volontariamente al programma internazionale Responsible Care. Ora si tratta di vedere come intervenire per dare benefici al fondo adottando i princìpi del Responsable Care».

Anche nel mondo della cooperazione qualcosa si muove. «La settimana scorsa si è riunita commissione tecnica di Cooperlavoro, per valutare possibilità di adottare principi di responsabilità sociale anche a questo fondo», dice Ortolani.

Fausta Chiesa

 

A cura di ETicaNews