17 ottobre 2012 – Il rapporto tra il settore Farma e la sostenibilità non è certo facile. Le società farmaceutiche devono muoversi tra le opportunità date da un mercato molto redditizio da un lato e l’esigenza sociale di medicine vendute a un prezzo ragionevole, che tiene conto della salute di tutti, dall’altro. Si tratta di un dilemma di una valenza etica estrema. Com’è lo stato dell’arte del settore? Una risposta arriva da uno studio firmato dagli analisti di Bank Sarasin. E sono conclusioni che fanno discutere, da cui esce con qualche ombra anche Recordati, unica azienda italiana (e questo è comunque un pregio) presa in considerazione dalla mappa dei Rating di sostenibilità disegnata dagli esperti della banca svizzera.

Uno dei punti di partenza dello studio è la presa di coscienza di una dinamica settoriale in corso già da qualche anno: esistono alcune società del settore Farma che hanno aumentato i propri sforzi per favorire l’accesso alle proprie medicine ai Paesi in via di sviluppo. Un atteggiamento positivo. Peccato che non si è verificato un parallelo sviluppo nella prevenzione di pratiche di marketing non etiche se non proprio illegali. A tal punto che, nel complesso, le aziende stanno ancora pagando miliardi di dollari per rimediare alle proprie negligenze. D’altronde la fetta di torta, da un punto di vista di business, è veramente grossa. L’incremento demografico di molte nazioni Emergenti e l’invecchiamento delle popolazioni nei Paesi Avanzati ha fatto sempre più lievitare la domanda di farmaci e dispostivi medici. Il mercato mondiale dell’healthcare è visto crescere tra il 3 e il 6% all’anno fino almeno il 2016. Parallelamente, però, il diritto a curarsi è considerato senza mezzi termini un diritto fondamentale. Dunque non mancano forti pressioni sull’intero settore sopratutto su costi e prezzi sia da parte dei governi dei Paesi in via di sviluppo, che vogliono far accedere sempre più ai prodotti farmaceutici i cittadini, sia dagli Stati industrializzati alle prese con forti politiche di austerità che coinvolgono la Sanità. In questo contesto, sottolineano ancora gli analisti di Sarasin, si inseriscono diversi scandali in cui sono incappate alcune aziende che hanno offuscato la reputazione dell’intero settore. In discussione sono finite certe pratiche dubbie di marketing e una riluttanza a rispondere, talvolta, alle richieste di maggior bisogni delle popolazioni non certo ricche dei Paesi in via di sviluppo.

Sul problema dell’accessibilità alle medicine da parte delle popolazioni più povere un’utile fotografia della situazione è scattata dall’organizzazione Access to Medicine Foundation che monitora, tramite la definizione di un indicatore apposito, chiamato Access to Medicine Index, il comportamento più o meno virtuoso dei big mondiali del Farma. L’indice fornisce una valutazione delle politiche commerciali delle aziende nei mercati Emergenti e nei Paesi in via di sviluppo. In attesa dei dati del 2012, l’ultima classifica in base all’Access to Medicine Index mostra ai primi posti nomi noti come GlaxoSmithKline, Merck&Co e Novartis. Le pecore nere, invece, sono Takeda, Astellas e Delchi Sankyo.

Ancora maggiori sembrano i comportamenti discutibili del settore nel campo delle pratiche di marketing. La situazione appare alquanto controversa. Per promuovere i propri prodotti le aziende usano di solito agenti che presentano i prodotti direttamente al personale medico. Gli Stati Uniti rappresentano il mercato più grande per il Farma, ma allo stesso momento è il meno regolamentato per quanto riguarda il marketing. Per esempio, a differenza dell’Europa, la pubblicità al grande pubblico è molto più libera negli Usa e le politiche di prezzo sono decisamente più deregolamentate. Inoltre, le spese per la pubblicità risultano molto elevate, più del doppio di quanto investito in ricerca e sviluppo. La conseguenza non può che essere una. Le pratiche di marketing sono aggressive, oltre che poco trasparenti sugli incentivi finanziari ai venditori e soprattutto sugli effetti collaterali, e per questo soggette a forti critiche. Fino ad arrivare a vere e proprie cause legali, che hanno comportato costi stimabili in 25 miliardi di dollari dal 2007 a oggi.

In questo contesto cresce la pressione sul settore Farma per migliorarsi. È un dato di fatto che alcune aziende hanno riformato in meglio le linee guida di comportamento e controllo interno, la formazione, il monitoraggio delle procedure, e i meccanismi di reporting. E ovviamente tutto ciò che non era sufficientemente trasparente.

Prendendo in considerazione tutti questi elementi il Rating di sostenibilità di Sarasin classifica le società farmaceutiche, unendo valutazioni di tipo ambientali, sociali e di governance. Il risultato? Emerge che l’area delle società più attente alle sostenibilità è dominata da aziende europee, come Novo Nordisk e Roche. Entrambe spiccano nelle variabili di etica del business (marketing e condotta competitiva), accesso ai medicinali, qualità/criticità dei prodotti, e attenzione all’ambiente. Nella ventina di compagnie prese in considerazione dallo studio di Bank Sarasin l’italiana Recordati è relegata in penultima posizione in termini di sostenibilità dell’azienda. I dettagli del perché non sono esplicitati. Di certo, il posizionamento deludente deve essere un forte stimolo per migliorarsi. Se non altro almeno in termini di trasparenza al pubblico delle politiche di sostenibilità aziendale già adottate.

Paolo Fabbri

 

A cura di ETicaNews