Ore 13:47

Il Decreto “Fare” approvato sabato scorso dal CDM contiene alcune misure per il settore energetico che si pongono l’obiettivo di ridurre il costo della bolletta elettrica per i clienti finali con un impatto positivo sui conti pubblici per complessivi 550 milioni di euro.

Tali risparmi saranno ottenuti intervenendo sui cosiddetti “oneri di sistema” (su un totale di 14 miliardi di euro previsti per il 2013) e con misure di carattere fiscale, in particolare:

1) riduzione del CIP6 con modifica della componente relativa al costo del combustibile che sarà legata al prezzo del gas a non più a quello del petrolio;

2) riduzione del perimetro dei clienti `tutelati` ai soli residenziali (escludendo quindi le piccole imprese);

3) allargamento delle società che saranno assoggettate alla Robin Hood Tax (un addizionale del 10,5% sull’IRES per il 2013 che scende al 6,5% dal 2014), abbassando i limiti da 10 milioni di euro di ricavi annui e 1 milione di euro di utile a 3milioni di euro e imponibile superiore a 300mila di profitti.

Ma nella “bozza” di decreto entrata in CDM le soglie della Robin (secondo un articolo del Sole 24Ore di domenica) sarebbero state addirittura inferiori: 500mila euro di fatturato e 80mila euro di imponibile.

Un provvedimento che ha spinto subito le associazioni di settore Aper e Assosolare a reagire denunciando l’effetto punitivo del provvedimento sullo sviluppo della green economy.

Poco fa il Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha smentito che il decreto preveda una estensione della Robin alle piccole rinnovabili. Nel frattempo ancora nessuno ha visto la versione finale ufficiale del Dlgs “Fare”.

L’insieme delle misure del Decreto “Fare” avrà un peso abbastanza modesto per il settore energetico nel suo complesso ma incide in maniera importante sul segmento degli impianti alimentati da energia rinnovabile di taglia industriale in particolare fotovoltaico e biogas.

Un impianto da 1 MWp con il conto energia I, II, III, IV fattura infatti mediamente oltre 500mila euro compresa la componente di vendita dell’energia e presenta un imponibile mediamente superiore a 120mila euro. Considerato che la Robin impatta sui profitti, ad essere colpito è l’equity del progetto che rischia di essere quasi azzerato in funzione della leva utilizzata. Si capisce quindi la decisa reazione di Aper ed Assosolare.

Per i grandi operatori delle rinnovabili come Enel Green Power [EGPW.MI], Erg [ERG.MI], Alerion [ARN.MI] e Falck Renewables [A4.MI] l’impatto è molto limitato in quanto già pagavano la Robin mentre rischia di farsi sentire per TerniEnergia [TRNI.MI] e Kinexia [KINX.MI], sinora escluse, e che possiedono un discreto portafoglio di impianti di taglia industriale (fotovoltaici e biomasse) in esercizio rispettivamente pari a 40MWp e 15MWp.

Ci auguriamo che alla fine le dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente siano quelle definitive. In attesa di chiarezza restiamo positivi sui titoli del settore.

 

A cura dell’Ufficio studi di Websim