24 giugno 2013 – Il controllo è un’illusione, soprattutto di fronte alle calamità naturali. Quando l’uomo è costretto a prendere atto che esistono cose imprevedibili, viene travolto da conseguenze psicologiche profonde: queste sono i danni nascosti, ma assai più radicati, provocati dalle tragedie. Nel 2004, il mondo ha conosciuto l’orrore dello tsunami: oltre 1.000 chilometri di costa dello Sri Lanka sono stati colpiti dall’onda. I dati parlano di 35.000 morti e ingenti perdite economiche: 24.000 imbarcazioni, 11.000 imprese e 88.500 abitazioni danneggiate o distrutte. Tra gli studi sul tema, se n’è ultimamente aggiunto uno (Calamity, Aid and Indirect Reciprocity: the Long Run Impact of Tsunami on Altruism) firmato da tre italiani: Leonardo Becchetti e Stefano Castriota dell’Università di Roma Tor Vergata e Pierluigi Conzo dell’Università di Torino. Presentato in occasione del decimo “Young Economists’ Workshop on Social Economy” di Forlì del 7-8 giugno scorso promosso da Aiccon, ha l’obiettivo di studiare gli effetti delle calamità e interrogarsi sull’impatto degli aiuti.

Da novembre 2011, il gruppo di ricercatori ha intervistato 380 mutuatari di istituzioni di microfinanza locale. I soggetti risiedevano in tre villaggi situati nella costa meridionale dello Sri Lanka: Galle, Matara e Hambantota. Gli abitanti di ogni paese sono stati divisi tra danneggiati e non. Fin qui, sembra esserci poco di diverso da altri studi. I tre italiani, però, hanno fatto un passo ulteriore. Hanno diviso gli intervistati in base a sei tipi di danno economico e psicologico: familiari morti o feriti, danni alla casa, a uffici, strumenti di lavoro, materie prime, o all’attività economica in generale. Non solo, lo shock post tsunami è stato misurato a livello individuale, anziché considerando l’intero villaggio, e per di più nel 2011, ben sette anni dopo la catastrofe. In tal modo, si legge nel testo, «l’orizzonte temporale più lungo permette di cogliere gli effetti della calamità e il recupero sociale nel lungo periodo».

I risultati sono stati sorprendenti. Chi ha visto colpita la casa o subìto ferite, mostra una maggiore attitudine alla generosità e chiede anche più azioni solidali rispetto ai soggetti colpiti nelle attività economiche. «Dal momento che i primi – spiega lo studio – hanno detto di voler ricevere più sostegno dei secondi, interpretiamo questa generosità superiore come una forma di reciprocità indiretta». Ma cosa significa reciprocità indiretta? «Mi hanno aiutato e io aiuto altre persone», afferma uno degli autori, Conzo. Ne consegue un effetto moltiplicatore perché, prosegue, «si manifesta una generosità allargata nei confronti di altri soggetti non necessariamente responsabili dell’aiuto stesso».

L’analisi evidenzia anche che, nell’ambito di un dictator game (ossia un gioco di simulazione sperimentale), chi ha subito almeno un danno dalla calamità si dimostra meno generoso come “offerente” (e chiede meno aiuti come “ricevente”) rispetto a chi non ha subito alcun danno. Questo rischio di perdita di generosità nelle vittime dipende dalla concentrazione solo sui problemi personali. Stando al paper, tuttavia, le vittime dello tsunami hanno potuto recuperare l’altruismo, in quanto hanno goduto di «aiuti ben indirizzati che – sostiene Conzo – arrivano a chi ne ha più bisogno e, cosa più importante, generano reciprocità indiretta».

Innescare la catena della solidarietà è possibile grazie a un tema caro alla social economy: il microcredito come strumento in grado di sostenere persone altrimenti escluse dai finanziamenti. Ebbene, lo Sri Lanka insegna, puntualizza Conzo, «che il microcredito è un elemento efficace, non solo utile alla ricostruzione materiale, ma anche al miglioramento del benessere soggettivo». Queste istituzioni, stando a una precedente indagine condotta dagli stessi Becchetti e Castriota in Sri Lanka nel 2007, hanno contribuito in maniera significativa alla sopravvivenza e al recupero delle attività economiche dei soggetti danneggiati. Gli aiuti governativi e dei donatori stranieri, invece, non hanno mostrato alcun effetto positivo.

Il caso tsunami confrontato con i terremoti di Emilia-Romagna e Abruzzo, pone l’interrogativo sulla bontà dei sostegni economici provenienti soprattutto da istituzioni lontane dal cittadino come Stato e Regioni. Forse, realtà come il microcredito innescherebbero un meccanismo analogo a quello visto in Sri Lanka. Per capirlo, occorrono indagini simili a quelle di Conzo, Castriota e Becchetti. «È possibile – afferma quest’ultimo – e sarebbe oltremodo utile effettuare uno studio per verificare l’impatto degli aiuti». In un’estate dove si parla di risorse che non ci sono o si devono reperire, tre italiani dicono che sì, il denaro è importante, ma occorre impiegarlo bene, perché nelle calamità naturali non è solo questione di soldi.

Paolo Ballanti

 

A cura di ETicaNews