23 novembre 2012 – Negli ultimi due mesi le azioni di Apple hanno perso circa il 2o% a Wall Street. Dal 21 settembre, giorno in cui aveva raggiunto il record a 705 dollari ad azione, il titolo è sceso a circa 560. A che cosa si deve un tale crollo? Alcuni citano la concorrenza di Samsung e di Amazon nel mercato dei tablet. Altri i limiti nella capacità di soddisfare la forte domanda di iPhone 5 e iPad mini o la redditività, più debole del previsto, per due trimestri consecutivi.

La vera causa sarebbe il fiscal cliff (precipizio fiscale), dice un report di Reuters. Gli investitori stanno vendendo oggi perché la tassazione sul capital gain è ancora al 15 per cento, mentre dall’anno potrebbe salire anche fino al 35% per aumentare gli introiti del bilancio Usa.

Ma se la verità fosse un’altra? Alcuni tra i motivi del crollo del titolo citano il cambiamento, a sorpresa, nel top management (di recente i vertici della casa di Cupertino hanno deciso di licenziare Scott Forstall, il responsabile della divisione iOS). In particolare, c’è anche chi, come Kellie McElhaney (professore al Center for Responsible Business della University of California, Berkeley’s Haas School of Business) punta il dito sulla totale assenza di donne nel board di Cupertino. McElhaney ha pubblicamente criticato la nomina di soli uomini nell’ executive team, che è sempre tutto al maschile. McElhaney’s, in realtà, voleva parlare anche di altro. E cioè del fatto che la presenza delle donne nei posti di comando non soltanto è sinonimo di migliori performance economiche delle società (come dimostrato da numerosi studi), ma anche è correlata anche a una maggiore sostenibilità. “Le donne creano un futuro sostenibile” è il titolo del report appena pubblicato.

McElhaney ha scoperto che le imprese con una o più donne nei consigli di amministrazione hanno una maggiore propensione ad avere pratiche di sostenibilità. L’analisi è frutto di uno studio, sponsorizzato da Kpmg e da Women Corporate Directors (Wcd), basato su un campione di 1.500 aziende fornito da Msci e sui loro dati environmental, social e governance misurati dal 1992. Le società che avevano almeno tre donne nel board (soltanto tre, Kimberly-Clark, General Motors e Walmart) avevano una performance di sostenibilità superiore.

Lo studio cita anche alcune testimonianze dirette. L’ex ministro Usa dell’agricoltura, Ann Veneman, attualmente nel board di Nestlé, dice: «Le voci delle donne sono cruciali nel portare avanti l’obiettivo dei valori condivisi a livello corporate». Altre donne dicono di valutare se aderire a un cda sulla base della presenza di politiche Esg. Tra queste Dina Dublon, ex vice presidente esecutivo e chief financial officer di JP Morgan Chase, oggi membro dei cda di PepsiCo, Accenture e Microsoft.

 

A cura di ETicaNews