16 ottobre 2012 – Tra la giungla di dati e di ricerche che vorrebbero dimostrare o smentire, a seconda dei casi, l’utilità della responsabilità sociale, uno studio della Harvard Business School aiuta a dissipare alcuni dubbi su che cosa vuol dire essere sostenibili. “The impact of a corporate Culture of sustainability on corporate behavior and Performance” non fornisce, infatti, soltanto dati finanziari per dimostrare che essere “social” genera ricchezza, ma dimostra anche che è l’intero assetto dell’azienda a beneficiare delle pratiche responsabili: consumatori più soddisfatti, dipendenti più affezionati e azionisti più “responsabili” sono solo alcuni dei vantaggi per chi sceglie la sostenibilità.

Lo studio, che ha confrontato l’andamento di 90 aziende “sostenibili” con le performance di altrettante imprese “non sostenibili” su un arco di 18 anni, ha il merito di aver definito alcuni parametri di confronto tra imprese in base alla loro propensione “social”. I ricercatori, infatti, hanno indagato diversi aspetti e comportamenti delle aziende censite, vagliando non solo i risultati finanziari, ma anche la corporate governance, il rapporto con gli azionisti, l’orientamento al futuro e i metodi di misurazione (anche detti Key Performance Indicators) e divulgazione (disclosure) utilizzati per rilevare internamente l’andamento dell’impresa. I dati raccolti hanno sottolineato che la cultura della responsabilità è in grado di attrarre sia investitori più responsabili che un capitale umano più preparato, tutto ciò senza danneggiare o diminuire il ritorno agli azionisti.

La prima tematica indagata è stata la corporate governance. Lo studio, basato sui dati ricavati dal Sustainable Asset Management (Sam), mostra che nel 53% delle aziende cosiddette sostenibili i temi di sostenibilità sono discussi direttamente dai board of directors (consiglio di amministrazione). Questo, però, avviene solo nel 22% delle imprese non responsabili. Il 41% delle compagnie “social” ha inoltre predisposto, nel tempo, una commissione di sostenibilità per affrontare in modo più efficace le problematiche. Ciò è riscontrabile solo nel 15% delle aziende del secondo gruppo.

Anche i premi dei dirigenti risentono del fattore “social responsability”. Lo studio, infatti, ha rilevato che per l’assegnazione dei bonus il 35% delle aziende sostenibili si avvale anche di parametri che considerano gli aspetti sociali, il 18% considera gli aspetti legati all’ambiente e il 32% prende in considerazione la percezione esterna dell’azienda. Minor valore è dato agli stessi indicatori dalle aziende non responsabili: solo il 22% prende in considerazione le tematiche sociali, l’8% le questioni ambientali e l’11% l’immagine esterna.

Gli studiosi, inoltre, hanno notato che le imprese sostenibili sono più propense alla trasparenza. Il 26% integra all’interno dei report finanziari anche tematiche sociali e nel 32% dei casi sono presenti anche temi ambientali, mentre le imprese meno attente alla responsabilità sociale si fermano, rispettivamente, al 5% e all’11 per cento. Sanno poi sviluppare rapporti migliori con gli azionisti. Il 14 % delle imprese forma, infatti, i manager locali riguardo alla tematica, mentre, tra le imprese “non sostenibili” nessuna presta attenzione alla tematica. Esiste, poi, una diversa propensione ad analizzare i rischi-opportunità esistenti: il 31% delle imprese sostenibili dedica tempo alla questione rispetto a un 3% tra le concorrenti. Tutto ciò ha portato il 46% delle aziende sostenibili a individuare anticipatamente problematiche che avrebbero potuto minare la loro performance sul lungo periodo, rendendole così più reattive.

La cultura della sostenibilità si palesa poi anche nelle relazioni con gli investitori in quanto le aziende sostenibili mostrano una tendenza minore allo short-termism (guardare a breve termine). I dati di Thomson Reuters Street Events rivelano, inoltre, come il gruppo sostenibile abbia una maggiore probabilità di attrarre investitori di lungo periodo e non transitori, aumentando così la stabilità dell’azienda e riducendo la volatilità dei titoli.

Una maggiore sensibilità alle tematiche di responsabilità è infine dimostrata dalla scelta dei Key Performance Indicators. Per ciò che riguarda il rapporto dell’azienda con i consumatori, con i lavoratori e con i fornitori è riscontrabile una maggiore propensione alla trasparenza.

di Elisabetta Baronio

 

A cura di ETicaNews