3 aprile 2013 – Quanto è importante il tema della sostenibilità nel variegato mondo dell’Information and Communication technology (Ict)? La risposta a questa domanda è contenuta nell’ultimo report di Sarasin, società svizzera di private banking impegnata da oltre venti anni nella promozione d’investimenti sostenibili. Gli esperti del gruppo elvetico partono dalla considerazione che nel segmento dell’elettronica di consumo, dietro pochi e blasonati nomi del calibro di Apple, Nokia e Samsung, c’è una miriade di aziende di tutte le dimensioni, che stanno creando i presupposti per una competizione accelerata. La struttura del comparto è già di per sé oltremodo complessa (vedi il grafico di Sarasin). A questo si aggiunga il fatto che una parte via via più consistente dell’industria è localizzata nei Paesi emergenti, a cominciare dalla Cina. «I business model dei diversi gruppi – spiega il report – sono certamente differenti. Apple, Acer e Rim, per esempio, hanno dato in outsourcing la maggior parte o tutta la loro produzione, mentre Nokia e Hp ancora hanno significative capacità di produzione in-house. […] A causa di questo, la quota di delocalizzazione varia da gruppo di prodotto: si arriva a circa il 90% nei tablet, mentre solo al 40% per le Tv Lcd. In ogni caso, c’è comunque un chiaro trend di spostamento da parte delle aziende Ict verso i Paesi low-cost, specialmente verso la Cina. Nell’ambito degli apparecchi elettrici, il Drago controlla da solo il 40% della produzione mondiale, circa quattro volte il secondo Paese della classifica, il Giappone».

Lo spostamento delle produzioni e il continuo progresso tecnologico, nonché la facilità di diffusione del know how, hanno contribuito ad alimentare una crescente competizione sui listini: «I prezzi di tutti i dispositivi e componenti elettronici sono in costante declino». Ci sono prodotti come le Tv, scrive Sarasin, che in Germania hanno registrato un calo del 70% del prezzo tra il 2005 e il 2011. Mentre la riduzione del valore dei chip «ha raggiunto un fattore di 1.000 in dieci anni».

Questo lascia prevedere che, osservano gli analisti, per le aziende dell’Ict, il futuro non si giocherà unicamente sulle capacità tecnologiche, bensì sulla valenza del brand.

E qui diventa cruciale il posizionamento e l’immagine. Un’immagine su cui ogni anno investono centinaia di milioni di dollari per cercare di differenziarsi rispetto ai concorrenti, dato che da un punto di vista meramente tecnologico, le diversità tra le decine di prodotti disponibili sul mercato sono veramente minime.

Nei mesi scorsi, alcune di queste aziende (si pensi al caso della Foxconn) sono state al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica mondiale per una serie di suicidi provocati da condizioni di lavoro assai lontane dagli standard minimi assicurati ai lavoratori dei Paesi occidentali. Le polemiche innescate da eventi così drammatici, tuttavia, hanno finito per mettere in cattiva luce anche l’immagine delle aziende a valle di questa moderna evoluzione della catena di montaggio. Non è un caso che dopo le proteste dei lavoratori di queste fabbriche cinesi qualcosa sia cambiato. La ricerca di Sarasin evidenzia che molto deve essere ancora fatto in tema di livello dei salari, orario di lavoro e sicurezza delle fabbriche, ma nello stesso tempo che la situazione sta migliorando. Alcune aziende manifatturiere nel settore dell’elettronica si sono impegnate a rispettare degli standard sociali minimi. Una scelta dettata anche dalla consapevolezza che una maggiore attenzione verso il tema della sostenibilità è una caratteristica molto apprezzata dai mercati finanziari. Numerosi studi hanno identificato che le aziende che sono maggiormente sensibili a queste tematiche hanno performance borsistiche migliori rispetto alle altre imprese.

Gli esperti del gruppo svizzero hanno poi preso in considerazione, all’interno del tema della sostenibilità, anche gli aspetti relativi alla responsabilità di prodotto, argomento spesso sottovalutato. In gioco c’è il trattamento di un’enorme massa di rifiuti elettronici che si formano a seguito dell’elevato tasso d’innovazione dell’industria dell’elettronica di consumo. «Attualmente – sottolinea Sarasin – i consumatori cambiano un telefono cellulare ogni anno. […] Ci sono ricerche, e tra queste le denunce delle Ong, che parlano di sostanziali quantità di rifiuti tecnologici ed equipaggiamenti elettronici trasferiti nei Paesi in via di sviluppo di Africa e Asia, dove vengono smantellati e riciclati con metodi impropri». Oltre alle Ong, la stessa Commissione europea si sta muovendo per rafforzare la «responsabilità di prodotto».

Nel complesso, stanno moltiplicandosi gli aspetti di Corporate social responsibility (Csr) che non possono essere tenuti in secondo piano dai top manager dei colossi del settore tecnologico. Il brand delle aziende Ict sarà sempre più determinante nella competizione globale. E, nel valore di questo brand, peseranno in misura progressivamente crescente immagine e reputazione. Le quali sono ormai connesse ai temi della sostenibilità: tecnologica, ambientale, sociale.

Elena Kirienko

 

A cura di ETicaNews