19 novembre 2013 – In termini di sostenibilità, l’Italia traccheggia nella parte mediana della classifica mondiale, ma continua a battere colossi come Stati Uniti e, soprattutto, Cina. E’ uno dei verdetti del Feem Sustainability Index 2013 sviluppato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei che ha permesso di stilare una classifica delle performance di benessere («wellbeing») di 40 tra i principali Paesi e aree geografiche del mondo. Pubblicato con cadenza biennale, il Feem Si è un indice composto da 23 indicatori che tengono conto della situazione economica, sociale e ambientale di uno Stato. Come nel 2011, il ranking ha premiato la Svezia, mentre Norvegia e Svizzera si sono confermate rispettivamente seconda e terza. L’Italia si è collocata al 20° posto davanti a Russia (21a), Corea del Sud (22a) ma soprattutto Usa, 27a posizione. Nella top ten sono ben otto i Paesi europei, con le sole eccezioni di Nuova Zelanda (7a) e Canada (8a). Tra le macro-regioni comandano i Paesi nordici e quelli dell’Europa Centrale, mentre nella parte meridionale del vecchio continente si registrano i risultati non esaltanti di Grecia (36a), Spagna (26a), Portogallo (23°). In Asia si segnalano i piazzamenti deludenti di Cina (35a), Indonesia (38a) e India (40a).

I risultati sono figli di un indice che è la sintesi di tre categorie, ognuna con un’importanza diversa per la valutazione finale: l’economia influenza il 25,7% del punteggio, l’ambiente il 35,7%, mentre la società il 38,6 per cento. La conseguenza è che mancanze gravi in una singola categoria penalizzano fortemente il voto globale. E’ il caso della Cina che si colloca al 35° posto per i noti problemi ambientali, nonostante goda di un’economia che nel terzo trimestre 2013 ha registrato un Pil in crescita del 7,8% rispetto allo stesso periodo del 2012. La categoria “verde” ha penalizzato anche gli Stati Uniti (27esimi) complice l’eccessiva dipendenza dell’economia a stelle e strisce dal carbone. Anche l’economia ha la sua rilevanza se si considera che le sottocategorie “debito”, “reddito pro-capite” e “driver di crescita” (che comprende investimenti e ricerca e sviluppo) contribuiscono alla valutazione finale rispettivamente per l’8,07%, il 7,77% e il 9,85 per cento.

Questo spiega perché l’Italia, che dal punto di vista ambientale si colloca nelle zone medio-alte della classifica, nel ranking finale occupi un modesto 20° posto «a causa dei fattori economici che ci penalizzano», ha commentato all’Agi Fabio Eboli ricercatore senior nel team che ha curato il Feem Sustainability Index. L’Italia non è la sola. Le difficoltà economiche dell’Europa Meridionale hanno condizionato negativamente le valutazioni di Portogallo (23° con un -1,9% del Pil rispetto al terzo trimestre 2012) e Spagna (26a e Pil calato dell’1,2% su base annua nel terzo trimestre).

E pensare che l’Italia aveva ottenuto una valutazione soddisfacente (0,52 su un massimo di 1) nella categoria “società”, di cui fan parte “benessere” (peso sulla valutazione finale 15,90%), “trasparenza” (11,32%) e “vulnerabilità” (11,38% che comprende salute, sostenibilità energetica e alimentazione). Ultima nella classifica “società” è l’India, flagellata dal problema della corruzione. Stando al rapporto di fine dicembre 2012 pubblicato dalla Commissione Centrale per la Vigilanza, solo contro le Ferrovie dello Stato sono state depositate nel 2011 8.805 denunce di corruzione. Poco più di 5.000, invece, le accuse di corruzione contro impiegati e funzionari degli uffici fiscali, mentre le banche ne contano 8.430.

Tra tutti gli indicatori, una menzione particolare la merita il Pil pro capite. Dalla classifica emerge che i Paesi più sostenibili, eccezion fatta per gli Stati Uniti, sono anche quelli con il Pil pro capite maggiore. Come la Norvegia, prima per Pil pro capite e seconda nel Feem Si ranking, e la Svizzera, seconda nel Pil pro capite e terza in quella generale sulla sostenibilità.

DA QUI AL 2030
Le proiezioni economiche di lungo periodo e le riforme strutturali varate in questi anni, rappresentano parte del materiale che i ricercatori della Fondazione Enrico Mattei hanno utilizzato per elaborare stime sulla sostenibilità che si spingono fino al 2030. Non si prevedono grossi cambiamenti almeno nelle prime posizioni, a esclusione del Canada per il quale si ipotizza un balzo di due posizioni dall’8° al 6° posto. Ben quattro posizioni (dal 32° al 28° piazzamento) acquisterà invece il gruppo “Resto dell’Africa” considerato nel suo complesso, mentre i Paesi più industrializzati sono stati indicati separatamente. Al contrario, peggiorerà la classifica di Turchia (-4 posizioni) e Sud Africa (-7).

Nel lungo periodo la tendenza evidenziata dal report Feem è di un miglioramento delle condizioni economiche, a scapito però di quelle ambientali il ché porterebbe con sé un peggioramento della valutazione di sostenibilità complessiva. Ciò accadrebbe per tutti i macro-gruppi: BRIICS (Brasile, Russia, India. Indonesia, Cina e Sudafrica), Unione Europea, Paesi più industrializzati e anche a livello globale. In controtendenza i Paesi sottosviluppati, per i quali si stima un miglioramento di economia e sostenibilità, accompagnato da una lieve contrazione della situazione ambientale.

Venendo all’Italia si prevede un andamento positivo dell’economia, mentre calerebbero, anche se di poco, le valutazioni ambientali e quelle sulla società. Nel complesso, la posizione dell’Italia nel ranking non ne risentirà, nonostante calerà il giudizio complessivo sulla sostenibilità dall’attuale 0,426 allo 0,421 del 2030. Per questo motivo, suggerisce Eboli, sono necessarie «politiche positive certamente costose, ma utili per migliorare la propria sostenibilità». Un possibile intervento citato nel report è l’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo pari almeno al 3% del Pil pro capite. Ciò porterebbe a un aumento consistente delle valutazioni contenute nelle categorie “ambiente” e “società” oltre che nell’indice Feem. Per contro – trade off che accompagnerà il globo per i prossimi decenni – peggiorerebbero le condizioni economiche e il Pil pro capite.

Paolo Ballanti

 

A cura di ETicaNews