19 giugno 2013 – Se la trasparenza riguardo ai piani e alle prospettive di un’azienda si legge dal suo business plan, allora si può dire che a Piazza Affari la nebbia è molto fitta. In base al “II° Rapporto sui Rating dei Business Plan” delle Società degli Indici Ftse Mib e Star della Borsa Italiana curato da CSE Crescendo e presentato oggi a Milano, emerge un panorama desolante, anzi vuoto.

Soltanto poco più della metà delle società del Ftse Mib presentano un Business Plan. Quelle che lo espongono sembrano considerarlo un adempimento burocratico o uno strumento di comunicazione piuttosto che lo strumento fondamentale per dialogare con shareholder e stakeholder. E ancora. Hanno pubblicato un business plan soltanto 9 delle 68 società dell’indice Star. Mediamente, il livello formale è “tecnicamente”, meno curato, ma dal punto di vista dei contenuti è più “intenso” dei Business Plan delle Società dell’Indice Ftse Mib, più imprenditoriale, anche se meno preciso.

La legge non impone di pubblicare un business plan, ma caratteristica fondamentale delle società quotate sullo Star dovrebbe essere la trasparenza, così come chiarezza nei confronti degli investitori dovrebbero averla tutte le imprese, in particolare la società quotate in Borsa. «Poiché il Business Plan racconta la voglia e l’impegno verso il futuro delle Imprese e le Società degli indici Ftse Mib e Star rappresentano il Gotha dell’economia italiana, il Rapporto rappresenta uno sguardo sul futuro dell’economia italiana», dice CSE Crescendo.

Leggendo i business plan delle imprese italiane quotate in Borsa, CSE Crescendo ha sviluppato una metodologia per assegnare un Rating ai Business Plan che ne misura la qualità: completezza e probabilità di realizzazione. CSE Crescendo e si è assunto l’impegno di assegnare un Rating ai Business Plan delle società degli indici Ftse Mib e Star della Borsa Italiana. Questi Rating sono continuamente aggiornati e consultabili sul sito. Ogni anno CSE Crescendo redige un Rapporto dove sono raccolti e commentati i tutti i Rating dei Business Plan delle Società degli indici Ftse Mib e Star della Borsa italiana. Ebbene dal report non c’è da sperare molto.

Crescendo ha esaminato i piani industriali di 27 società delle 40 che compongono il Ftse Mib, perché le altre non hanno pubblicato il documento mettendolo a disposizione del pubblico. Di questi 27, Crescendo ne ha scartato uno, perché considerato non significativo. Allo stesso modo, su 68 società dello Star sono soltanto 15 quelle che hanno pubblicato il business plan. Di questi, tre sono troppo vecchi, mentre altri tre sono stati giudicati non significativi. I 26 piani relativi ai gruppi del Ftse Mib esaminati hanno ricevuto in media un voto non superiore a 56/100. Peggio va per le società dello Star, che hanno ottenuti un rating medio pari a 47/100.

«La logica non è soltanto quella della trasparenza, ma anche quella dell’impegno verso il futuro. Soprattutto delle imprese più grandi – afferma Francesco Zanotti, senior partner di CSE Crescendo -. Dobbiamo costruire una nuova economia e una nuova società. La responsabilità di questa costruzione è soprattutto delle imprese più grandi. Il Business Plan è il documento che dovrebbe raccontare quale futuro vogliono costruire le imprese più grandi. Il processo con il quale viene redatto il Business Plan dovrebbe indicare quanto queste imprese hanno coinvolto stakeholder interni ed esterni nel definire il futuro desiderabile. Il Business Plan dovrebbe essere, insomma, un manifesto di futuro scritto dalle imprese e dai loro stakeholder. Dovrebbe essere un’opera d’arte per creare imprese, un’economia e una società giudicate opere d’arte. Il nostro Rapporto 2013 rivela che i Business Plan, che sono stati presentati dalle imprese degli Indici Ftse Mib e Star della Borsa Italiana, sono “avari di futuro”. Descrivono futuri che sono soltanto continuazioni del presente. Per definire come continuare il presente non è necessario coinvolgere gli stakeholder: bastano i tecnici. Il risultato è costituito da tabelle che non emozionano nessuno. Poiché i numeri rappresentati in queste tabelle partono dall’ipotesi che il futuro è soltanto un’estrapolazione del presente, non hanno alcuna probabilità di realizzarsi in un mondo in profondo cambiamento. Con buona pace degli investitori».

Ma come si fa a costruirsi un futuro diverso da una copia del presente?

«Lo spirito che anima il nostro lavoro – dice Cesare Sacerdoti fondatore e Ceo di CSE Crescendo srl – è che ciascuno ha il dovere di essere rivoluzionario, soprattutto in un momento di profonda crisi sociale. Noi di CSE Crescendo riteniamo infatti che oggi più che mai sia necessaria una nuova capacità progettuale, per disegnare il futuro delle nostre imprese, uscendo da una logica di pura competitività che non può che portare a un’ulteriore perdita di posti di lavoro. Noi dobbiamo, al contrario immaginare nuove imprese, nuovi scenari competitivi, che creino opportunità di lavoro per tutti: solo così potremo dire di essere stati rivoluzionari».

Fausta Chiesa

 

A cura di ETicaNews