10 giugno 2013 – La scorsa settimana due delle principali società di Piazza Affari, Eni e Unicredit, sono state bocciate in sostenibilità. Ma non si è capito, e non si capisce il perché. Il che non significa prendere le parti di un gruppo petrolifero e di una banca in tema di Csr. Bensì, significa interrogarsi su un’anomalia di trasparenza che riguarda specificatamente la finanza Sri.

La bocciatura delle due società italiane, peraltro, è piuttosto notevole, in quanto sono state escluse da un indice benchmark come l’EuronextVigeo Europe 120 che raggruppa quelle che Vigeo ritiene le migliori 120 società europee in base alla performance in tema di responsabilità d’impresa.

Nell’ambito della finanza, ogni titolo/azienda che si metta a confronto con il mercato viene sottoposto a una continua analisi da parte di agenzie, brokers e case d’investimento che studiano le performance di quella società. Se vengono rispettati o superati determinati parametri, il titolo/azienda oggetto di valutazione viene promosso (con un upgrade di giudizio, se non di prezzo obiettivo) o bocciato (quindi con una riduzione del rating, ma anche con l’esclusione da un determinato indice di riferimento). Nella finanza tradizionale, ogni giorno agiscono migliaia di analisti, i quali emettono report con continuità sulle società da essi seguite, e li vendono ai propri clienti, o li passano ai gestori del proprio gruppo finanziario. Questi report, nella grande maggioranza dei casi, vengono resi accessibili al pubblico (e alla stampa) in un arco di tempo piuttosto breve. Ma anche quando questo non accade, le società di analisi inviano decine di morning note (ossia report di sintesi), nei quali è possibile leggere quanto meno i commenti sintetici sui cambiamenti di giudizio di un titolo o di un’azienda. In altre parole, il “perché” di massima di una decisione.

Il caso della scorsa settimana di Eni e Unicredit, tuttavia, ha evidenziato come nella finanza sostenibile si presenti paradossalmente un problema di trasparenza. Le agenzie di valutazione del rating etico come Vigeo si limitano ad aggiornare i propri indici, con determinate cadenze, ma senza pubblicare alcuna motivazione sulle entrate e le uscite dagli stessi. Non solo. Anche in caso di richiesta di spiegazione, non ci sono grandi margini di approfondimento sul caso specifico. La sola cosa accessibile sono i criteri generali con cui vengono definiti i diversi panieri e giudicate le società. Nulla sulle ragioni dei cambiamenti.

Questo è probabilmente l’effetto di un modello di business diverso da quello della finanza tradizionale: gli analisti della sostenibilità sono costretti a confrontarsi con tempi più dilatati e numero di referenti più rarefatto. Il che impone una maggior tutela delle proprie analisi e del proprio know how.

Resta il fatto, come nel caso di Unicredit, che la banca ha espresso critiche non certo velate in merito all’atteggiamento di Vigeo nei suoi confronti. E che, di conseguenza, una maggiore trasparenza da parte dell’agenzia avrebbe aiutato a comprendere non solo le ragioni della bocciatura. Ma anche a “pesare” le critiche della stessa Unicredit.

Viceversa, nella finanza Sri si continuano ad avere indici e valutazioni sull’etica, come fossero principi primi. Quasi uscissero da un dialogo di Platone.

 

A cura di ETicaNews