11 marzo 2013 – Il 7 di marzo è un giorno che segna un piccolo ma importante passo per l’Italia. Piccolo per quella parte del Paese tuttora distratta da ciò che accade nel mondo, e concentrata su vecchi e superati (e ormai inutili) modelli di sviluppo socio-economico. Importante per quella parte che comincia a prendere consapevolezza di un modello diverso, improntato sulla sostenibilità e responsabilità sociale del business. Il 7 marzo, infatti, l’Italia ha inviato alla Commissione europea di Bruxelles (e pubblicato online) il proprio Piano Nazionale della Responsabilità sociale d’impresa 2012-2014. È vero, si tratta di un periodo largamente già avviato. Ma è anche vero che l’Italia, si legge in una nota ministeriale, «è il primo tra gli Stati membri a consegnare alla Commissione europea il proprio Piano di azione, che nei mesi scorsi è stato sottoposto a una consultazione pubblica».
Il passaggio, e soprattutto il primato italiano, è qualcosa di più che simbolico. ETicaNews ha seguito con attenzione le fasi finali del piano, e cercato di approfondirne lo spirito e gli obiettivi. Ma, in giro, si è visto poco altro, in termini di attenzione all’Action Plan. Eppure, questo era anche un periodo elettorale.
La sensazione è che, anche nel caso una parte del Paese cerchi di guadagnare parte del terreno perduto, sul piano culturale la parte restante non se ne curi. Lo sforzo andava premiato in termini di presenza sui media, anche solo perché una medaglia è pur sempre una medaglia. Per quanto, forse, il concetto di Csr non sia così comprensibile a tutti.
Probabilmente, va sottolineato, lo scarso impegno comunicativo sulla materia comincia proprio negli uffici stampa dove invece sarebbe richiesto tutt’altro atteggiamento. Non si spiegherebbe altrimenti, nella nota dei ministeri datata 7 marzo, il perché sia rimasta la sfortunata frase: «… che verrà presentato ufficialmente entro il mese di marzo».
A cura di ETicaNews