26 ottobre 2012 – Un manuale, firmato dai protagonisti dell’università, per comunicare la responsabilità sociale di un’impresa. La sfida, peraltro, è di quelle neanche troppo semplici da vincere: il rischio di essere accusati di greenwashing o di incoerenza è dietro l’angolo, soprattutto quando si ha a che fare con consumatori sempre molto diffidenti verso le cosiddette “buone pratiche” aziendali. È il tema, appunto, al centro del libro “Progetti di comunicazione della corporate social responsibility”, una raccolta, a cura di Emanuele Invernizzi e Stefania Romenti, delle quindici migliori storie di comunicazione aziendale della Csr, realizzata dagli studenti della X edizione dell’Executive Master in Relazioni Pubbliche d’impresa dello Iulm. Il libro è stato presentato questa settimana in un’aula gremita, alla presenza del rettore Gianni Puglisi. Tantissime le domande del pubblico, composto anche da professionisti che operano nel mondo della comunicazione aziendale.

«Condivisione, dibattito, mediazione, importanza delle nuove tecnologie, sviluppo di consapevolezza e impegno comune. Non è un caso che il “vocabolario della sostenibilità” coincida così spesso con il lessico della comunicazione», scrive nella prefazione Luca Virginio, direttore comunicazione della Barilla, azienda partner del master. La condivisione, attraverso il dibattito e i new media, è certamente uno degli strumenti più importanti e innovativi della comunicazione della responsabilità sociale d’impresa. Così come lo è l’ascolto: incarnare le aspettative degli stakeholder nella propria filosofia si rivela una pratica vincente che mette al riparo dall’impassibilità degli osservatori più cinici.

Tra le strategia di comunicazione della Csr delle aziende analizzate, quella della Barilla ha un posto d’onore. Due i progetti scandagliati dagli allievi del master. Il centro di pensiero Barilla Centre for Food and Nutrition del 2009, dove si analizzano i grandi temi legati all’alimentazione con un approccio multidisciplinare, e la la descrizione del modello della Doppia piramide alimentare e ambientale, allo scopo di dimostrare che la dieta mediterranea, sana dal punto di vista della nutrizione, è anche sostenibile per l’ambiente.

«C’è una nuova coscienza comune alle imprese del nostro tempo», continua Virginio. «L’obiettivo in palio è continuare a fare impresa rispondendo, al tempo stesso, alla responsabilità di lasciare a quanti ci succederanno un ambiente e una società più sani, più giusti, con una qualità della vita più alta per un numero sempre maggiore di persone».

Manuela Messina

 

A cura di ETicaNews