14 febbraio 2013 – Raccontaci il tuo sogno, raccontiamo il loro incubo. Due slogan e due siti web tematici che trasmettono immagini radicalmente diverse della stessa realtà, l’azienda di abbigliamento sportivo per donna, uomo e bambini Original Marines. La quale finisce per diventare un chiaro esempio del rischio insito in una “responsabilità sociale d’impresa a portata limitata”, cioè localizzata e non estesa all’intera catena del valore di un’azienda. Soprattutto in un mondo, come quello attuale, dove Internet è in grado di amplificare ogni messaggio.

Il brand, nato nel 1983 dall’iniziativa di cinque imprenditori campani, in Italia fornisce il suo supporto a progetti di solidarietà sociale come la Fondazione Cannavaro Ferrara, che si occupa di promuovere lo sviluppo e la crescita dei ragazzi a rischio nella città di Napoli, e l’Associazione Kaledo, nata per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi dell’educazione alimentare. Di recente, inoltre, sul sito web dell’azienda, è stata avviata un’iniziativa di comunicazione, dedicata al mondo dell’infanzia e ribattezzata “Raccontaci il tuo sogno”: fino allo scorso mese di novembre, i bambini dai 4 ai 14 anni, con l’aiuto di un genitore, avevano la possibilità di inviare una foto e una breve descrizione del proprio sogno.

Fin qui, senza dubbio, il gruppo appare all’avanguardia in termini di inizative di responsabilità sociale.

La stessa azienda, tuttavia, torna a essere protagonista nel portale “Raccontiamo il loro incubo.abitipuliti.org”. Un sito che riprende esattamente il motivo grafico dell’iniziativa “Raccontaci il tuo sogno”, ma contenente un messaggio antitetico. Attraverso il portale, infatti, la Campagna Abiti Puliti (membro della Clean Clothes Campaign) e la Filcams Cgil hanno avviato un’iniziativa pubblica per invitare Original Marines a intervenire affinché il suo fornitore, l’azienda indonesiana PT SC Enterprise, interrompa presunti abusi contro i lavoratori.

Il sito ricostruisce in maniera dettagliata una serie di passaggi, in base ai quali la Imap, società proprietaria del marchio Original Marines, finisce per affidarsi a un fornitore in Indonesia. È qui, secondo la Campagna Abiti Puliti, che cominciano i guai, con una serie di comportamenti che non sarebbero proprio conformi alle tutele del lavoro e dei lavoratori.

Storia già vista in più occasioni. Il problema è noto e generalizzato, come ha dimostrato anche la quinta edizione dello studio “Le pratiche di sostenibilità della Supply Chain nei Bilanci Csr 2011” condotto dall’Osservatorio Bilanci Csr di Avanzi e da Acquisti & Sostenibilità, di cui ha già parlato ETicaNews. In questo caso, il problema ha ripercorso a ritroso la catena fino al committente. Secondo il sito, l’8 novembre 2012, esponenti della Campagna Abiti Puliti e del sindacato Filcams/Cgil hanno incontrato una rappresentanza della Imap per indicare i passi da compiere per indurre i fornitori a comportamenti corretti. Da qui, per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, Abiti Puliti e Filcams Cgil hanno deciso di lanciare, appunto, una campagna pubblica.

Senza entrare nei dettagli della denuncia, per Original Marines la situazione rappresenta indubbiamente un danno di immagine generato dall’applicazione parziale dei concetti di responsabilità sociale. E, attenzione, non è solamente una parzialità territoriale. Nel senso che, per una azienda delle dimensioni di Original Marines, si può anche riconoscere la complessità di controllare le leve operative in Paesi come l’Indonesia. Tuttavia, la vicenda mette in luce i pericoli di una parziale applicazione strutturale della Rsi, ovvero di una sua adozione con qualche falla nel modello.

In questo caso, le falle sono divenute voragini grazie all’effetto Internet. Eppure, avrebbero potuto essere tappate con la preparazione e la diffusione (magari pubblicizzandolo) di un protocollo che vincolasse i fornitori – anche in prospettiva – al rispetto di una serie di norme comportamentali. Più in generale, un’operazione di massima trasparenza, magari affrontando la questione anche sulla propria homepage, avrebbe forse disinnescato, prima, le rimostranze e le denunce. Successivamente, la campagna accusatoria sul sito Abiti Puliti.

Rosaria Barrile

 

A cura di ETicaNews