15 novembre 2012 – Ancora un italiano su tre ritiene che chi evade le tasse non debba sentirsi colpevole, ma la sensazione è che anche in Italia l’evasore cominci a essere considerato un soggetto negativo per la società. La conferma di un Paese con livelli di etica fiscale lontani da quelli di altre latitudini, ma che intravvede i primi segnali di speranza, arriva dalla ricerca “Gli italiani e le tasse”, realizzata dall’Ispo di Renato Mannheimer per l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano (Odcec). E presentata ieri alla Bocconi nel corso della nona edizione del Convegno nazionale sulle garanzie e tutele sociali, focalizzato sul tema “Fisco: superare le criticità del sistema con un equo e trasparente utilizzo del gettito”, aperto dal presidente dell’Ordine Alessandro Solidoro e dal neorettore dell’ateneo Andrea Sironi.
L’incontro ha sviluppato una serie di analisi e ricerche sull’andamento e l’efficacia della riscossione in Italia, nonché sull’equità e l’efficienza dell’utilizzo del gettito fiscale. Ma è dalla ricerca di Mannheimer che giungono i messaggi più chiari sul grado di maturazione etica della società italiana.
La ricerca è stata realizzata attraverso interviste telefoniche su un campione di 800 casi rappresentativo della popolazione italiana (maggiori di 17 anni di età). L’indicazione di partenza riguarda la sensazione personale verso il pagamento delle tasse: per la prima volta, rispetto a tre ricerche precedenti citate da Mannheimer, la maggioranza (il 57%) comincia a considerarlo un “contributo”. Ancora nel 2011, solo il 40% assegnava questa connotazione positiva al versamento. Per contro, rimane un 42% per il quale le imposte sono o un obbligo o una privazione. Ma, anche qui, per simmetria, la percentuale per la prima volta scende sotto la metà.
La ricerca affronta poi una sorta di giudizio morale in merito alla colpevolezza di chi non paga. La ricerca rivela che il 32% degli intervistati ancora ritiene che «se uno si ingegna per eludere o evadere le tasse, nella misura che ritiene giusta, non deve sentirsi colpevole». Appare ancora una percentuale piuttosto alta per parlare di piena educazione e coesione civile. Anche qui, il dato è in calo rispetto al 2011 (quando gli assolutori erano il 36%), ma la riduzione non cambia le proporzioni: un italiano su tre giustifica l’evasione. Emerge poi un fattore inquietante: a sostenere la tesi assolutoria sono soprattutto i più giovani. Nella fascia tra i 18 e i 25 anni la percentuale di “comprensivi” raggiunge addirittura il 45 per cento.
Infine, un esercizio di autocoscienza. La maggioranza del campione concorda con l’ipotesi che chi non paga le tasse oggi sia considerato peggio di qualche anno fa. Insomma, pare un segnale di fiducia verso la capacità di maturazione della società. Il punto dolente è che questa maggioranza è risicata al 53 per cento. C’è un 42% che vede gli evasori trattati come prima e come sempre. Anzi, per un 4% c’è addirittura un clima più favorevole ai furbi.
A cura di ETicaNews