26 febbraio 2014 – Il Decreto 703 passa ora nelle mani del neoministro del Tesoro Pier Carlo Padoan. Con la speranza che, dopo il parere positivo ricevuto dal Consiglio di Stato, non si areni nelle maglie delle urgenze del Paese. Sul nuovo strumento normativo si sono accese, in generale, le aspettative di chi attende l’ingresso dei fondi pensione sul declinante mercato finanziario italiano, in quanto il decreto è una sorta di sdoganamento a investimenti alternativi a quelli classici. Ma, in modo particolare, l’attesa è tangibile nel mondo della finanza Sri (socially responsible investing), in quanto, proprio l’assenza di tali soggetti dal mercato, sembra aver soffocato la crescita di un segmento (quello Sri, appunto) che una decina d’anni fa era all’avanguardia in Europa. E che oggi, viceversa, presenta numeri ridicoli rispetto ad altri Paesi. Dai commenti dei protagonisti, emerge come l’investimento in strumenti sostenibili fosse in realtà già possibile, o quanto meno fosse possibile dotarsi di linee guida improntate su criteri Esg (environmental, social, governance). Il problema era il contrappeso richiesto in termini di governance e di strumenti di controllo dei rischi. Nello scenario che si va ad aprire, si intravede l’adozione di modelli di gestione più qualitativi e flessibili, capaci di lasciare maglie più larghe alle scelte dei gestori. In questo scenario, la qualità garantita da asset Sri potrebbe diluire in automatico la questione del rischio.

«Il nuovo regolamento è in dirittura d’arrivo – dice a ETicaNews il presidente di Covip Rino Tarelli –. Lo schema elaborato dal Ministero dell’Economia con la collaborazione di Covip presenta spazi di flessibilità maggiori e può favorire una maggiore attenzione dei fondi verso nuove opportunità di investimento, anche di carattere alternativo, che peraltro non erano vietate dalla legge in vigore». Non vietate, ma scoraggiate da un’interpretazione improntata alla burocrazia. «Covip ha sempre sottolineato, nella sua attività istituzionale, l’importanza di cogliere nuove opportunità – continua Tarelli – sempre in un quadro di estrema attenzione alla funzione di controllo e con l’obiettivo di ottimizzare i rendimenti degli iscritti. L’orientamento generale è alla semplificazione e alla sburocratizzazione delle procedure». Un orientamento che sicuramente favorisce flessibilità e diversificazione degli investimenti.

Flessibilità: è quasi una parola d’ordine del nuovo corso. E anche quella che potrebbe indirizzare i nuovi investimenti verso una maggiore sostenibilità. «La normativa vigente – spiega Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza – non è in alcun modo ostativa di qualsivoglia scelta a favore degli investimenti Sri. Nulla impedisce che il fondo pensione, senza compromettere i risultati reddituali perseguiti, inserisca, tra i limiti dei diversi mandati ai gestori, anche dei criteri Sri di scelta degli asset. Vi è, poi, la possibilità, a fronte di una richiesta che provenga dalla collettività degli aderenti, di istituire un comparto di investimenti socialmente responsabili. Vi sono esperienze in tal senso nel settore e non mancano operatori del mercato finanziario in grado di rispondere adeguatamente alle richieste delle forme pensionistiche».

Così, emerge che nelle consultazioni sul Decreto 703 dove, è bene ricordarlo, non esiste una previsione specifica a favore degli investimenti di tipo Esg che è invece presente nell’art 6 del decreto legislativo 252 da cui il 703 emana, le osservazioni degli aventi interessi in causa riguardino più che altro i limiti imposti alle varie asset class. Tutti i pareri sono pubblici e visibile sul sito del Tesoro.

Il tema della flessibilità, che deve essere pressoché totale secondo gli operatori del settore, è il nodo gordiano di tutta la questione e anche ciò che potrà dare l’impulso agli investimenti sostenibili. Tanto importante da essere ripreso anche nella relazione annuale 2013 di Assogestioni, dove il presidente Domenico Siniscalco scrive della necessità di «promuovere un approccio basato su principi di tipo qualitativo, piuttosto che sull’imposizione di limiti quantitativi agli investimenti». Concetto che l’Associazione del risparmio gestito ribadisce nel documento della consultazione sullo schema di decreto 703, il cui approccio è in linea con «l’evoluzione in corso a livello comunitario orientata a regolamentare la materia sugli investimenti delle forme pensionistiche mediante l’adozione di modelli basati sul rischio, piuttosto che attraverso la mera imposizione di limiti quantitativi», grazie al «passaggio da un modello incentrato su una concezione tradizionale di benchmark all’adozione di metodologie più specifiche di misurazione e controllo del rischio». Da qui all’applicazione pratica, però ce ne passa. Ed è la stessa Assogestioni a chiedere che «l’implementazione delle nuove modalità avvenga gradualmente e preveda idonei tempi per l’adeguamento da parte degli operatori». Struttura organizzativa e modelli di governance vanno di pari passo con le innovazioni in materia di trattamento del rischio: Assogestioni ipotizza una struttura in cui il controllore possa introdurre criteri ammissibili di misura del rischio, che comunque vanno attinti dagli standard internazionali. Quanto agli investimenti, secondo l’associazione delle Sgr, ai fondi pensione dovrebbe essere consentito di investire in «strumenti finanziari quotati e non quotati, Oicr (armonizzati e non, aperti, fondi chiusi, fondi speculativi) e depositi bancari». L’unico limite da introdurre dovrebbe riguardare i fondi speculativi, con un tetto del 20%, mentre dovrebbe restare divieto di vendite allo scoperto.

Ancora più a maglie larghe la concezione di flessibilità per Assoprevidenza, l’associazione italiana della previdenza complementare. Nel documento di risposta al Tesoro sul testo dello schema Decreto si legge che: «Non dovrebbero essere previste preclusioni per particolari categorie di attività, fermo restando l’obbligo per il fondo pensione di dimostrare di essere adeguatamente strutturato per porre in essere un efficace modello di controllo dei rischi. L’apertura verso l’utilizzo di altre categorie di investimento deve essere accompagnata da un tempestivo intervento dell’Autorità di vigilanza che dia indicazioni sui criteri da utilizzare per la valorizzazione periodica degli investimenti, in particolare per quanto riguarda gli strumenti finanziari non quotati». Nessuna soglia, conseguentemente, per gli investimenti in strumenti finanziari, sia su mercati regolamentati che non regolamentati e sì al solo divieto di effettuare vendite allo scoperto, ma se non inficiano la possibilità di investire in derivati, per i quali non dovrebbe essere prevista alcun limite quantitativo. Attenzione, scrive Assoprevidenza, anche alla locuzione “gestione efficace” quando si parla di derivati, che non ne riduca l’uso alla mera copertura.

Un po’ più tradizionale la posizione di Assofondipensione, l’associazione dei fondi pensione negoziali. Secondo Assifondipensione la normativa va sì rivista, ma alla luce di quella che è la peculiarità dei fondi pensione italiani rispetto all’Europa e al resto del mondo senza abolire del tutto il concetto di benchmark. «Nello schema a contribuzione definita che connota i fondi pensione italiani, lo scopo di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale deve misurarsi con il rischio che gli aderenti non sempre effettuino scelte consapevoli rispetto al proprio schema di previdenza complementare. Per contrastare questo fattore di rischio […] riteniamo di fondamentale importanza garantire la trasparenza del sistema anche attraverso un rafforzamento della Covip quale autorità unica di settore. In tale contesto si incardina la funzione del benchmark […]muovendo da tali premesse, riteniamo che nel percorso di revisione della normativa, sia opportuno concentrare gli sforzi nell’individuazione di ulteriori parametri che affiancandosi al benchmark coniughino l’esigenza di valutazione dei gestori rispetto agli obiettivi previdenziali del fondo pensione o del singolo comparto con quella di fornire agli aderenti indicazioni fruibili circa il rapporto tra obiettivo pensionistico e rischiosità della gestione finanziaria».

A cura di ETicaNews