16 settembre 2014 – Quando i duri iniziano a giocare, significa che il gioco si fa duro: è vero, nel ben noto motto l’ordine delle frasi è invertito, ma cambiando l’ordine dei fattori il prodotto o se si vuole il senso non è che cambi tanto. Perché stavolta davvero sono scesi in campo i colossi dell’investimento sostenibile e responsabile a livello mondiale.

Scade oggi, infatti, la data entro cui Un Pri, il programma delle Nazioni Unite per la promozione degli investimenti responsabili, invitava i propri aderenti a sottoscrivere una lettera che sarà presto inviata a Iosco (International Organization of Securities Commissions), l’organizzazione di riferimento per gli organismi di vigilanza sulle Borse valori di tutto il mondo (come la Consob in Italia, la Sec negli Stati Uniti). Un’iniziativa che non sarà condotta unicamente da Un Pri, ma verrà gestita in partnership con altri due colossi, quelli cui si faceva prima riferimento: il primo è Unep Fi (la Finance Initiative promossa nell’ambito del programma ambientale delle Nazioni Unite), il secondo è Incr (Investor Network on Climate Risk, promosso da Ceres, pioniere dello Sri negli Usa), una rete di grandi investitori focalizzati sul tema del climate change e i suoi rischi.

In questa lettera, che è disponibile sul web, si chiede sostanzialmente a Iosco di attivarsi per accrescere la qualità delle informazioni Esg (social, ambientali e di governance) fornite dalle società quotate. Informazioni che gli investitori riconoscono essere sempre più importanti per valutare l’affidabilità degli emittenti e di conseguenza la qualità degli investimenti.

La lettera, nelle sole due pagine di cui si compone, sintetizza in modo che si può definire mirabile un po’ tutti i principali motivi per cui la rendicontazione Esg sta diventando imprescindibile per gli investitori. Basti dire che a un certo punto si afferma che la mancanza di una disclosure rigorosa in merito ai fattori Esg è ritenuta niente meno che un fattore di rischio sistemico. Cosa che lo stesso Global Risks 2014 report del World Economic Forum aveva riconosciuto, indicando come tra i dieci maggiori rischi globali ben sette siano Esg-related, collegati quindi a temi di sostenibilità.

Nel testo che verrà indirizzato a Mr. David Wright, segretario generale di Iosco, si ricorda come una buona informazione Esg sia a protezione tanto delle società quotate, quanto degli investitori. E costituisca uno strumento importante per la stabilità finanziaria e lo sviluppo economico.

Si sottolinea poi come serva un maggior grado di comparabilità, oltre che un’informazione più «timely» e «material», nei modi in cui le società a livello globale rendicontano su temi Esg.

Si stigmatizza, inoltre, il fatto che non è cosa buona, per gli investitori come per le società e le Borse valori, la proliferazione di codici e standard legati alla rendicontazione di sostenibilità. Al riguardo vengono riportati alcuni numeri, da varie fonti, il che di per sé la dice già molto lunga sul grado di “diversity” che in quest’ambito si sconta: 11mila le organizzazioni che producono un Csr report secondo il database di Corporate Register, più di 4mila i report di sostenibilità nel 2013 secondo il Gri, cira 5mila le società di cui Bloomberg pubblica dati Esg su suoi terminali.

Ma cosa chiede esattamente la lettera a Iosco? Riconoscendo la rilevanza, anzi, la «responsabilità unica» dei regulator nella promozione di una migliore informativa Esg, ciò che si chiede è di inserire nella pianificazione strategica 2015-2020 di Iosco quattro punti essenziali:

1) porsi come guida nel dialogo fra gli attori in campo per individuare un percorso che porti a migliori regole sulla disclosure Esg;

2) senza eccedere nell’essere impositivi, contribuire allo sviluppo di regole che facilitino una maggiore comparabilità, significatività e coerenza fra i vari modelli di disclosure proposti dai mercati;

3) creare una Task force sulla disclosure Esg all’interno di Iosco;

4) prendere una posizione ufficiale che rimarchi l’importanza e i benefici di una buona disclosure Esg.

Non resta che vedere quanti saranno quelli che aderiranno all’iniziativa. E a quanto ammonteranno i loro complessivi Aum (assets under management): al riguardo, sulla lettera, per ora c’è ovviamente solo una “X”. Ma da soli gli aderenti a Un Pri contano per 45 trilioni di dollari (45mila miliardi di dollari).

Andrea Di Turi

A cura di ETicaNews