20 marzo 2013 – Saranno i diritti umani il tema caldo dell’attività di socio attivo di Etica Sgr, che ha appena festeggiato il decimo compleanno. Il 26 marzo comincia la nuova stagione assembleare e la Sgr presieduta da Ugo Biggeri inaugura l’anno con una nuova società da tenere sotto controllo dal punto di vista etico, Snam, che finora era esclusa dai titoli investibili perché controllata da Eni. Come policy, Etica Sgr non investe nel settore petrolifero e nell’estrazione dell’Oil and Gas, attività più controverse e difficili da monitorare per quanto riguarda l’aspetto ambientale.

In tutto sono sei le assemblee in Italia a cui Etica Sgr prenderà parte, seguita dal monitoraggio di ETicaNews: oltre a Snam, Piaggio, Prysmian, Yoox, Indesit e Terna. Più intenso, quest’anno, sarà l’engagement all’estero. Uno degli obiettivi che Etica Sgr si è data è quello di aumentare il numero i interventi non soltanto nelle società Usa ma anche in quelle europee, con il sostegno di network internazionali. Il portafoglio azionario è composto prevalentemente da società estere, in quanto, spiega in questa intervista Alessandra Viscovi, direttore generale di Etica Sgr, il listino italiano è costituito in gran parte di società finanziarie, che sono escluse dai nostri fondi per una scelta del Comitato etico, avvalorata dal consiglio di amministrazione. Un atto di prudenza nei confronti di un settore che ha problemi nella corporate governante e nella trasparenza che, alla luce della crisi finanziaria, ha evitato alla Sgr di incorrere nelle perdite registrate dalle banche.

Parte una nuova stagione di azionariato attivo. I soci attivi quest’anno hanno più armi? Che cosa è cambiato a livello legislativo rispetto all’anno scorso?

Più che di nuove armi, parlerei soprattutto di un mood che sta cambiando. In Italia l’azionariato attivo è una pratica ancora poco utilizzata. Etica Sgr è una delle poche che la porta avanti, ma notiamo che si stanno cominciando a muovere i grandi investitori istituzionali come i fondi pensione, che si stanno dotando di una policy sull’azionariato attivo. La percezione è che si stia muovendo qualcosa. E le azioni che abbiamo intrapreso hanno portato risultati significativi dal punto di vista della Csr applicata alle società quotate: per esempio la legge sulla parità di genere, ma anche il fatto che la Consob abbia chiesto chiarezza in merito al “Say on Pay”, cioè le politiche di remunerazione, uno degli aspetti su cui noi diamo battaglia in assemblea. Non ultimo, la legge su divieto di interlocking, che impedisce accumulare più cariche negli organi gestionali e di sorveglianza. I segnali ci sono.

Quali differenze di possibilità di engagement ci sono tra l’Italia e gli altri Paesi in cui siete presenti come azionisti di una società quotata?

Più che sugli aspetti normativi, la differenza è culturale. In Italia noi siamo pionieri, ma dopo le difficoltà iniziali ci siamo fatti conoscere e abbiamo fatto conoscere l’engagement. Negli Usa è una pratica già molto diffusa. Nel 2011 una ricerca dell’università di Bari condotta da Maria Antonietta Intonti sulle pratiche di engagement da parte dei fondi in Europa ha mostrato che tra le prime dieci Sgr in Europa la terza era Etica Sgr, unica italiana presente. Il vantaggio di fare engagement in Italia è la possibilità di andare fisicamente in assemblea: conoscere personalmente il management aiuta il confronto. All’estero ci affidiamo a reti internazionali di investitori responsabili, che ci danno il vantaggio di conoscere le best practice in materia. Etica Sgr è affiliata a Iccr, al Pri, al Carbon disclosure project, al Csr network italiano e all’Eurosif.

E’ cambiata la vostra asset allocation rispetto all’anno scorso?

La gestione della asset allocation è delegata ad Anima Sgr. Preferiamo mantenere distinte le due sfere. Noi ci occupiamo dell’analisi Esg e di responsabilità sociale, filtri in base ai quali creiamo l’universo degli investibili dal punto di vista etico. Due volte l’anno aggiorniamo l’analisi dei titoli azionari, una voltaquella dei titoli di Stato. Di recente, casi eclatanti di controversie non ne abbiamo avuti. In passato abbiamo disinvestito da France Télécom a causa del dramma dei suicidi dei dipendenti. Di recente, abbiamo escluso dai titoli di Stato per questioni socio-ambientali il Canada, che nel dicembre 2011 ha abbandonato il Protocollo di Kyoto, mentre sono sempre esclusi gli Usa, la Cina e il Giappone e tutti i Paesi che applicano la pena di morte e Paesi e non rispettano i diritti umani.

Siete soddisfatti dell’operato e del comportamento delle società in cui avete investito, sia da un punto di vista etico che di rendimento?

Nell’ultimo anno i rendimenti dei nostri fondi sono stati soddisfacenti. Per quanto riguarda le aziende, abbiamo notato una nota positiva nell’atteggiamento del management, che ha migliorato l’approccio al dialogo. Vedremo come risponderanno quest’anno, ma in generale si stanno abituando a un confronto più aperto.

Su quali questioni punterete il dito quest’anno?

Aspetto chiave di quest’anno saranno i diritti umani, un tema forte su cui lavoreremo a più livelli. Vogliamo responsabilizzare l’azienda non soltanto nei confronti dei suoi dipendenti diretti, ma anche nei confronti del comportamento dei fornitori. Ci vuole più attenzione nei confronti dei sub appalti: scaricare la responsabilità di controversie sui fornitori non è una risposta che può più essere accettata. Quest’anno abbiamo inviato alle aziende italiane un questionario sulla supply chain, per verificare il monitoraggio che fanno sui fornitori. L’esito non è ancora uscito, ma bisogna già notare che le aziende hanno la loro dato disponibilità a collaborare.

Quali azioni di engagement intendete portare avanti in Italia?

Innazitutto, noi rimaniano in contatto diretto con le aziende in cui investiamo durante tutto l’anno. Il confronto è sempre attivo. In assemblea, ci attiveremo con il voto di lista nelle società che rinnovano i vertici, come Snam. Cerchiamo di valutare il management sia sotto il profilo della competenza sia della trasparenza. Inoltre, riteniamo che la figura del presidente e dell’amministratore delegato debbano essere separate. In assemblea, uno dei temi ricorrenti riguarda le politiche di remunerazione. Secondo noi, non basta la disclosure sui parametri utilizzati per definire i compensi: i parametri per il raggiungimento dello stipendio o dei bonus devono comprendere anche obiettivi di carattere sociale. Le aziende più illuminate già si stanno muovendo in questo senso, anche in Italia. Altro esempio del nostro engagement sono le pressione nei confronti delle istituzioni. Per esempio, abbiamo sottoscritto la richiesta a Ue affinché le società siano obbligate a monitorare il rispetto diritti umani in Birmania.

Fausta Chiesa

 

A cura di ETicaNews