11 giugno 2013 – L’italiana Febaf (Federazione delle Banche, delle Assicurazioni e della Finanza) ha finalmente aderito ai Principles for Responsible Investment, i cosiddetti Pri, lanciati dall’Unep Fi (United Nations Environment Programme Finance Initiative) e dal Global Compact delle Nazioni Unite, al fine di favorire la diffusione di pratiche di finanza sostenibile e responsabile all’interno della business community. Messa così la notizia sembra essere esclusivamente positiva. In realtà, se si esegue un’analisi più approfondita si scopre che costituisce la conferma ufficiale del ritardo del sistema Italia nell’adottare i Principi di Investimento responsabile delle Nazioni Unite.

Fate una prova. Andate sulla pagina web dove vengono pubblicati i dati degli istituti finanziari o dei fondi che aderiscono ai principi UniPri. Noterete subito che hanno già aderito nel mondo ben 1.200 sottoscrittori istituzionali. Un boom in continua espansione, come ovvio che sia visto l’importanza dei Principi di investimento responsabile. Ora usate la finestra di interrogazione presente nella pagina e selezionate Italy per scoprire quanti sono i sottoscrittori targati Italia. Il risultato? Appena otto, di cui addirittura solo tre (Fondo pensione Cometa, Gruppo Generali e Global Crop Diversity Trust) come società manager di asset proprietari e cinque (Ambienta sgr, Clessidra sgr, Etica sgr, Pioneer Investments e Private Equity Partners sgr) come gestori di investimento. Otto samurai a difendere un sistema. Ma tutti gli altri operatori istituzionali finanziari italiani? Otto rappresentanti, di cui solo tre come gestori di asset propri, è un numero risibile per un Paese del G7. L’Italia è ben lontana da nazioni come la Sud Corea (13) e precede di poche incollature Islanda, Turchia e Tailandia. Giusto per fare qualche esempio.

A questo punto, con l’adesione della Febaf agli UniPri, l’auspicio è che il grande ritardo dell’industria del risparmio italiano nei confronti dei Principi dell’investimento responsabile si riduca in maniera significativa. Non si tratta di campanilismo o orgoglio nazionale. C’è molto di più in ballo: poter fornire garanzie di risparmio responsabile agli italiani, che da sempre hanno fatto del risparmio un fondamento del proprio benessere. L’obiettivo dichiarato della Febaf «come network supporter è quello di promuovere la cultura della sostenibilità. Per gli operatori finanziari, aderire vuol dire, tra le altre cose, incorporare i parametri Esg (Environmental, Social, Governance) nell’analisi finanziaria, nei processi di decisione riguardanti gli investimenti, nelle politiche di azionariato, nella rendicontazione». Ora il sistema finanziario italiano non ha più scuse per ulteriori ritardi.

Fabrizio Guidoni

 

A cura di ETicaNews