18 ottobre 2012 – Il verde, evidentemente, non è soltanto il colore dei dollari. Verde è un criterio di investimento anche per la finanza che conta, quella formata da banche, fondi pensione, grandi patrimoni familiari e via discorrendo di grossi capitali. In base a uno studio realizzato lo scorso settembre da VedoGreen, società appartenente al gruppo IR Top specializzata sulla finanza per le aziende ”verdi” quotate e private, emerge che oltre il 90% del campione formato da 30 investitori istituzionali europei include il green investing nella sue scelte di investimento. E il 75% del campione considera il green investing come un criterio di investimento applicabile a diversi settori. Come a dire che non è considerato un mero segmento economico, ma un metro attraverso cui valutare gli altri business.

Certo, la finanza si muove soprattutto per soldi, ma in questo caso emergono anche considerazioni etiche. Se il motivo principale è l’alta potenzialità del mercato (85% del campione), la seconda ragione è la responsabilità verso il pianeta e la società (48%), mentre il 35% cita ragioni finanziarie (rendimenti elevati, basso profilo di rischio).  Il 18% cita criteri legati all’ambiente, al sociale e alla governance.

In prospettiva, l’83% degli intervistati intende investire maggiormente all’interno del settore green nei prossimi tre anni, la metà di essi anche aumentando significativamente l’investimento. Questo, nonostante esista qualche turbolenza. In paricolare, il punto più critico è l’incertezza normativa (citato dall’85% del campione), ma emerge anche un altro tasto dolente della Csr in generale, ossia la difficoltà di applicare criteri oggettivi di sostenibilità nell’asset allocation (aspetto menzionato dal 44% degli intervistati).

In termini di allocazione, oggi l’81,5% del campione considera maggiormente interessanti i settori energie rinnovabili; a seguire risparmio energetico e gestione rifiuti. Altri temi: gestione dell’acqua e cambiamenti climatici e green building. L’uso efficiente delle risorse ha le maggiori prospettive di crescita per il 62% del campione. Seguono la raccolta e smaltimento rifiuti (35%).

Fausta Chiesa

 

A cura di ETicaNews