6 dicembre 2012 – «Punto di incontro, coordinamento e riferimento delle istanze e dei contributi dei consiglieri non esecutivi e, in particolare, di quelli indipendenti e collabora per un ottimale svolgimento dei lavori consiliari». È la definizione condivisa di “Lead indipendent director“, figura ancora troppo poco considerata nell’ordinamento italiano. Il Lid, infatti, ha origine anglosassone con funzione di collegamento con gli azionisti alternativo a un canale diretto con il presidente, l’amministratore delegato o il direttore finanziario.

Il motivo della sua nascita è dato dall’assenza negli Usa (come, invece, avviene in Regno Unito e come da Raccomandazione della Commissione europea del 15 febbraio 2005 “sul ruolo degli amministratori senza incarichi esecutivi”) di una richiesta di separazione formale tra le cariche di presidente e chief executive officer. La creazione di una forte concentrazione di potere viene allora bilanciata dall’individuazione di lead director independent per natura, perché la grandissima maggioranza dei consiglieri in amministrazioni Usa è formata da indipendenti. Da alcuni anni questa figura è stata recepita anche dal codice di Borsa Italiana, che ne raccomanda la presenza nel caso in cui si presenti la sovrapposizione delle cariche di presidente e amministratore delegato. In realtà è una figura che probabilmente si rende utile anche in assenza di tale sovrapposizione. Una multinazionale italiana, tra le prime a introdurlo, definisce così i suoi compiti. Il Lead independent director:

  • collabora con il presidente del consiglio di amministrazione per il miglior funzionamento del consiglio stesso;
  • ha la facoltà di convocare, autonomamente o su richiesta di altri consiglieri, riunioni – anche informali – dei soli amministratori indipendenti su tematiche inerenti al funzionamento del consiglio di amministrazione in particolare e al sistema di governo societario più in generale, con la possibilità, altresì, di invitare esponenti del management;
  • collabora con il presidente del consiglio di amministrazione al fine di garantire che gli amministratori siano destinatari di flussi informativi completi e tempestivi.

Si tratta di un rappresentante delle istanze dei consiglieri non esecutivi, che con una guida diventano un soggetto più influente capace di fare da “governo ombra” alla normale amministrazione in nome della buona gestione.

Quante sono in Italia le società che hanno adottato la figura del Lid? Sono 97 su 262, il 37% del totale. La verifica è compiuta ogni anno da Assonime, che pubblica un’indagine sulla governance delle società quotate italiane e dedica un focus all’analisi dei Lid italiani. L’ultimo rapporto è di febbraio 2012, che fa riferimento alle relazioni del 2011.

Nella sua analisi, Assonime parte dalla segnalazione che le società in cui il presidente ha ricevuto deleghe gestionali sono 155, pari al 59% del totale. Il conferimento di deleghe al presidente è più frequente nelle società di minori dimensioni (è presente nel 69% delle small cap, nel 53% delle mid cap e nel 32% tra le Ftse Mib) appartenenti a settori non finanziari (ciò accade nel 65% dei casi, mentre tra le società del settore finanziario nell’11% dei casi).

Maggiore difficoltà ha invece riscontrato l’analisi della presenza di un amministratore esecutivo identificabile come chief executive officer, sollevando un punto interessante: “La ricerca – dice Assonime – è difficile non solo perché la diffusione delle informazioni necessarie non è richiesta esplicitamente, ma anche a causa dell’assenza di una definizione univoca di ceo. Si è scelto di ricercare: a) le situazioni dove esiste un unico amministratore delegato e b) quelle in cui – tra una pluralità di amministratori delegati – uno è dotato di deleghe più ampie o è investito di un ruolo di coordinamento degli altri esecutivi o di supervisione alla gestione corrente. La trasparenza su tale punto è verosimilmente destinata a migliorare sensibilmente in futuro: il codice 2011 raccomanda esplicitamente di fornire informazioni sul ruolo ricoperto da ciascun amministratore e, in particolare, anche riguardo a chi ricopre il ruolo di ceo.”

Tra le 257 società che hanno amministratori esecutivi, Assonime ha individuato una figura qualificabile come ceo in 196 casi (pari al 76% del totale). Tale figura coincide col presidente in 84 casi (pari al 31% del totale), mentre il presidente coincide con la persona che controlla la società in 43 casi (pari al 16% del totale). L’istituzione del Lid è, ovviamente, molto più frequente nei casi in cui è raccomandata dal codice: in particolare, dove il presidente coincide con l’azionista che controlla la società, sia egli o meno qualificabile come ceo (in 32 casi su 43, pari al 74% del totale); è meno frequente nei casi identificati come chairman-ceo, dove però il presidente non è l’azionista di controllo (in 34 casi su 54, pari al 63% del totale).

La presenza o meno del Lid riflette non perfettamente la diffusione delle deleghe al chairmen. Tra le Ftse-Mib è presente nel 24% dei casi (meno della sovrapposizione chairman-ceo), mentre diventa strategica per le Mid cap (45% contro una sovrapposizione del 53%) e meno pesante tra le small cap (42%, a fronte di una sovrapposizione del 69%).

Il terreno fertile del Lead indipendent director, la cui diffusione negli ultimi anni si è peraltro stabilizzata, è quindi quello delle mid cap. Sono due le curiosità a emergere. La prima che attiene al settore: solo una società del settore finanziario ha adottato questa figura. La seconda attiene sistema di gestione: nessuna, tra le società che lo prevedono, adotta il sistema dualistico.

Felice Meoli

 

A cura di ETicaNews