30 novembre 2012 – A Londra si è aperta probabilmente la più importante partita politica sulla libertà di stampa. Una partita nei confronti della quale il dibattito italiano, risvegliato dal caso Sallusti, appare una scaramuccia a salve. Ieri, è stato presentato l’attesissimo rapporto della Leveson Inquiry (vai al sito con il report) le cui conclusioni non lasciano margini di interpretazione: per riportare i media di sua Maestà a un livello di garanzia ed eticità sostenibili è necessaria una dura legge sulla stampa applicata da un’Authority indipendente (un watchdog). Una sentenza che, più che passare la palla a Governo e Parlamento, passa una bomba ad alto potenziale. Il rapporto esprime valutazioni sull’intero sistema di relazioni politico-giornalistiche del Paese, non risparmiando, innanzi tutto, il primo ministro David Cameron («che è divenuto troppo vicino ai vertici dei quotidiani», vedi tra i diversi siti dedicati all’Inquiry quello del Telegraph). Il quale, subito dopo la presentazione del rapporto, ha scelto di fatto la strada della retromarcia sul processo alla stampa britannica che egli stesso aveva avviato la scorsa estate, dopo lo scandalo giornalistico di News of the World, affidandone la guida al giudice lord Justice Leveson. Il leader conservatore, al governo grazie alla coalizione con i Liberal, ha contestato apertamente la proposta centrale della commissione Leveson sull’opportunità di un’Authority che agisca in base a una legge sulla stampa per evitare gli abusi. Cameron ha messo in guardia i deputati sul fatto che una regolamentazione in materia sarebbe un «varcare il Rubicone» in termini di rischi per la libertà di parola e di stampa.
Secondo alcuni osservatori, la posizione del premier va letta nella prospettiva delle elezioni del 2015, difficili da affrontare mentre si cerca di imporre un cane da guardia ai giornali. Anche se la crisi politica accelerata è il costo che Cameron ha deciso di pagare. Nick Clegg , leader dei Liberal, alleati nella coalizione di governo, ha infatti preso una posizione completamente opposta a quella del primo ministro, appoggiando la proposta di Leveson: «La cosa peggiore – ha detto in parlamento – sarebbe non fare nulla».
A cura di ETicaNews