26 febbraio 2013 – Quando oltre 700 investitori richiedono maggiore attenzione ai temi ambientali a più di 5.000 compagnie, allora significa che forse qualcosa sta, piano piano, cambiando. E i dati rilasciati dal Carbon Disclosure Project, sembrano far ben sperare: nel 2013 gli investitori firmatari del progetto sono arrivati a quota 722, rappresentanti circa un terzo del capitale investito globalmente, aumentando del 10% rispetto all’anno scorso, dimostrando, inoltre, un impegno e un coinvolgimento sempre maggiore.

Il Carbon Disclosure Project (Cdp) è una organizzazione internazionale che aiuta le imprese e le città a misurare, comunicare, gestire e condividere informazioni riguardo alle loro performance ambientali, fornendo l’unico sistema globale esistente per rilasciare questi dati. Nel 2012 oltre l’80% delle più grandi società quotate si sono affidate al Cdp per divulgare le loro informazioni.

Non sono però solo le imprese a costituire un tassello fondamentale del Cdp, ma anche gli investitori. Questi ultimi, 655 nel 2012 con 78 miliardi di dollari di assets, sono ora 722 con un patrimonio di 87 miliardi di dollari. E sono anche sempre più globali. È infatti in forte crescita l’interesse proveniente dall’America Latina, di cui il Banco do Bresill Previdência è il più importante nuovo firmatario. Nuove sottoscrizioni arrivano anche da Taipei con l’adesione del Cathay Financial Holding e del Fubon Financial Holdings.

Ma non è solo la quantità che cresce, anche la qualità degli investitori migliora: la Carbon Action, un’iniziativa finalizzata a ridurre le emissioni di gas serra in quei settori a forte produzione di CO2, ha registrato un incremento quintuplicato rispetto al 2011. Cresce anche l’attenzione nei confronti del problema idrico (con un aumento dei firmatari del 13% rispetto all’anno scorso) e forestale, dove le iniziative del Cdp raggiungono i 184 firmatari per beni da 13 miliardi di dollari.

«Dal momento in cui abbiamo introdotto il nostro sistema di disclosure di informazioni relative ai dati ambientali oltre 10 anni fa – afferma Paul Simpson, ceo di Cdp – il numero degli investitori firmatari delle diverse iniziative Cdp è cresciuto di più di 20 volte e la crescita del numero di aziende aderite è stata quasi altrettanto spettacolare. È una dimostrazione della rilevanza economica dei dati ambientali per le decisioni di investimento. La nostra espansione in ambiti diversi dell’ambiente e i nostri sforzi per fornire informazioni integrati per il mercato globale, rappresenta un importante passo in avanti verso un’economia sostenibile in cui vengono valutate le risorse naturali in modo efficiente».

E di economia sostenibile si parla, appunto, nell’ultimo report sviluppato da Cdp in collaborazione con Accenture. Lo studio “Ridurre il rischio e aumentare il valore del Business” mostra come quelle multinazionali che si sono mosse per andare oltre i commitment obbligatori abbiano più successo nel ridurre le emissioni di carbonio. Queste ultime nel 63% dei casi raggiungono i target definiti risparmiando, inoltre, denaro. Dato significativo se si pensa che solo il 29% delle altre imprese raggiunge gli obbiettivi.

Sembra perciò che le compagnie stiano sempre più diventando consapevoli che, se non affrontano i rischi relativi ai cambiamenti climatici in modo proattivo, questi ultimi danneggeranno la loro stessa produzione, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza di molte aziende.

Rimane però un gap sostanzioso tra i comportamenti delle compagnie firmatarie e i loro fornitori. Se il 92% delle aziende appartenenti al Cdp ha posto come obiettivo la riduzione delle emissioni, solo il 38% dei suppliers si è attivato in questo senso. Nonostante, perciò, i progressi registrati le compagnie che hanno sottoscritto il Cdp sono chiamate a un ulteriore sforzo: portare anche i loro fornitori sulla via della sostenibilità.

Elisabetta Baronio

 

A cura di ETicaNews