26 novembre 2013 – Pronta e già inviata a Roma la proposta finale elaborata dagli stakeholder italiani sulla rendicontazione non finanziaria. Consumatori, banche, promotori finanziari, aziende hanno passato al setaccio la direttiva europea che punta a modificare la normativa vigente al fine di accrescere la trasparenza di alcune grandi aziende in Europa su questioni sociali e ambientali e sul tema della diversità. Si propone inoltre di accrescere la rilevanza, la coerenza e la comparabilità delle informazioni non finanziarie pubblicate dalle imprese, rafforzando e chiarendo i requisiti vigenti. Dal confronto tra le tante posizioni (circa 50 stakeholder si sono incontrati l’11 ottobre a Bologna per discuterne) è emerso un position paper che Impronta Etica, associazione senza scopo di lucro per la promozione e lo sviluppo della responsabilità sociale d’impresa, ha inviato ai rappresentanti del Governo italiano coinvolti perché possano tenerne conto in sede di discussione a Bruxelles e, a seguire, nella definizione della norma attuativa nazionale. Sulla direttiva l’eurodeputato Sergio Cofferati ha peraltro già presentato un emendamento.

Nel complesso la proposta è stata valutata in modo positivo. Gli obiettivi, tra tutti quello di accrescere la trasparenza sui dati non finanziari, sono condivisi dagli stakeholder. A questo proposito, tuttavia, «si sottolinea che la metodologia di pubblicazione dei dati prevista dalla proposta di direttiva non sia di facile comprensione e non garantisca una reale accessibilità delle informazioni da parte dei cittadini-consumatori». Perciò si chiede di incoraggiare «l’introduzione o la valorizzazione da parte delle aziende di canali di comunicazione sui temi della Rsi dedicati agli stakeholder».

Apprezzato l’approccio scelto dall’Ue, il “comply or explain”,fornisci le informazioni richieste oppure spiega perché non lo fai, perché «stimola ed induce comportamenti consapevoli da parte delle imprese, portandole ad interrogarsi e spiegare i propri comportamenti e motivazioni di fondo». Nella relazione inviata a Roma, però, gli stakeholder aggiungono un’osservazione: bisogna dare alle imprese «strumenti adeguati a garantire la qualità della rendicontazione». Inoltre sottolineano la necessità di fare in modo che la rendicontazione dei dati non finanziari «sia correlata ad un vero e proprio percorso di rafforzamento della consapevolezza interna» senza ridursi «ad un vincolo formale». L’auspicio, poi, è che «la proposta di direttiva possa favorire il percorso verso il bilancio integrato delle imprese».

Questo per quanto riguarda la discussione a livello europeo. In Italia, invece, gli stakeholder suggeriscono quattro interventi. Primo: «definire in modo più specifico gli ambiti della rendicontazione», ad esempio «fornendo una lista indicativa e ridotta di indicatori (Kpi) e contestualizzando i temi nel settore di riferimento per l’impresa o nel rapporto con la normativa vigente». Inoltre per una maggiore coerenza della politica europea in materia di Rsi, propongono di aggiungere un riferimento «ai temi della catena di fornitura e dei rapporti con la comunità», come chiesto nella Strategia rinnovata dell’UE per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale delle imprese.

Secondo punto, in linea con quanto chiesto anche all’Europa, si suggerisce «di valorizzare soprattutto l’approccio del management, gli orientamenti e gli obiettivi dell’azienda rispetto ai temi da rendicontare». Il terzo riguarda la materialità e la comparabilità dei dati. Chiedono di restringere il riferimento agli standard internazionali al Gri. Dato che gli investitori sono uno dei principali target della direttiva, gli stakeholder auspicano «che tutte le borse europee adottino regolamenti sulla rendicontazione di dati non finanziari».

Ultima richiesta è un graduale abbassamento della soglia di applicazione della direttiva, per adattarla al tessuto produttivo italiano, fatto di piccole e medie imprese. La soglia fissata dall’Ue, si legge nel documento, «dovrebbe passare prima da 500 a 250 dipendenti, per poi coinvolgere le Pmi, non solo come parte della catena di fornitura, ma come attori fondamentali del tessuto economico e della diffusione di una cultura della Rsi».

Cinzia Franceschini

 

A cura di ETicaNews