19 marzo 2014 – La battaglia sull’integrazione dei fattori Esg nell’analisi finanziaria va di pari passo con quella sul bilancio integrato. Lo sostiene Andrea Gasperini, responsabile del gruppo di lavoro Aiaf “Mission Intangibles”, contattato da ETicaNews nell’ambito dell’inchiesta Caccia allo Sri, per far luce, in particolare, su quanto gli analisti tengano conto in modo concreto della sostenibilità. Gasperini non è il solo, a dire la verità, a spingere sul “doppio binario”: «E’ un gatto che si morde la coda – spiega – le aziende si chiedono per quale ragione dovrebbero sforzarsi di produrre un bilancio integrato, che unisca cioè in un unico documento gli indicatori sociali e quelli finanziari, dal momento in cui gli analisti sono poco sensibili ai temi della sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Dall’altra parte gli stessi analisti, anche se volessero, sono praticamente impossibilitati a farlo perché le aziende non forniscono loro una comunicazione chiara ed efficace su questi temi». Da qualche parte, insomma, bisogna pur cominciare e il bilancio integrato «potrebbe essere un buon mezzo per incentivare l’analisi finanziaria Esg», sostiene Gasperini. E soprattutto diffonderla a macchia d’olio: «Una volta raggiunto l’obiettivo del bilancio integrato, potranno cadere non solo le barriere tra aziende e analisti, ma anche tra gli analisti che fanno un’analisi fondamentale solo sulla base di informazioni finanziarie e coloro invece che seguono i criteri Esg».

Quella del report integrato è una battaglia lunga: nasce nell’ambito del Global reporting Initiative (Gri), un’organizzazione internazionale che ha sviluppato uno standard di indicatori ambientali e sociali da inserire in bilancio, e termina con l’International Integrated Reporting Council (Iirc), che ha aggiunto il tema della governance e messo in relazione i cosiddetti indicatori Esg (enviroment social and governance) alla creazione del valore da parte delle aziende. Il passaggio è stato di fondamentale importanza: si è partiti con una mera valutazione della “sostenibilità” del comportamento dell’azienda per approdare verso la valutazione dell’impatto di tale comportamento in termini di crescita economica. «L’analista finanziario ha bisogno di informazioni che vanno a supportare il suo giudizio sull’azienda e il bilancio sociale costruito con gli indicatori Gri non bastava più», spiega Gasperini. Per questo motivo sono nati gli indicatori Esg: «Con lo scoppio della crisi – prosegue – è emersa l’importanza, per l’azienda di saper comunicare chiaramente se è in grado o meno di creare valore nel medio-lungo termine per gli azionisti e gli stakeholder sulla base del rispetto di alcuni fattori di sostenibilità. Sottolineare quanto si è socialmente responsabili non è più sufficiente. Il punto è chiedersi se un comportamento virtuoso genera valore, se si traduce in un conto economico positivo o meno».

Gli ostacoli però al bilancio integrato sono molti, primo fra tutti l’orizzonte temporale dell’analisi finanziaria fondamentale, che guarda spesso e volentieri solamente al breve termine. Al contrario, gli indicatori Esg danno una risposta di lungo termine: «Se un’azienda compie degli investimenti per ridurre le emissioni di Co2 – precisa Gasperini – sul breve termine deve far fronte a dei costi elevati che impatteranno negativamente le prime trimestrali. Un analista che adotta un approccio Esg non ometterà che tali costi sul breve termine avranno dei benefici sul lungo termine. Ma per questo è necessario un cambio culturale, la presa di coscienza della centralità dei valori intangibili che creano valore a lungo termine». Su questo fronte l’Italia fatica a stare al passo delle aziende straniere, «anche se qualcosa si sta muovendo».

Camilla Gaiaschi

A cura di ETicaNews