21 gennaio 2013 – Alcune settimane fa, a Roma, c’è stato un convegno da cui sono emersi spunti su una finanza-dei-sogni per il rilancio del Paese. Il workshop è stato organizzato da Assofondipensione, l’associazione che raggruppa i fondi pensione negoziali. In sostanza, quelle entità in cui è stata convogliata, negli scorsi anni, parte della ricchezza previdenziale dei lavoratori. Un tesoro che oggi fa gola alla politica e, più in generale, all’economia nazionale, in quanto visto come ultima riserva di carburante per riattivare il motore Italia.

Dal convegno sono emersi segnali confortanti, ossia sono stati lanciati messaggi di grande apertura, da parte di alcuni rappresentanti del mondo-fondi-pensione, alla possibilità di intervento degli stessi in investimenti capaci di valorizzare imprese e iniziative utili al territorio. Investimenti oggi bloccati a livello normativo, in quanto, in estrema sintesi, sono consentiti principalmente impieghi in titoli negoziati sui mercati regolamentati. Diversi gestori (Ver Capital Sgr, Fondo MPower, Comoi Sim) hanno proposto idee operative di strumenti in cui cercare di convogliare le risorse previdenziali, esattamente andando a incunearsi là dove c’è maggiormente bisogno: il sostegno a imprese del territorio attualmente “tradite” dalla chiusura dei rubinetti bancari. La tesi è stata “ratificata” dalle conclusioni di Flavio Casetti, segretario Assofondi, che ha ricordato la rilevanza assunta dal patrimonio dei Fondi pensione (circa 100 miliardi) e l’interesse del sistema a investire in forme finanziarie innovative. Per il via libera, si attende da mesi il rinnovo del Decreto ministeriale (il 703) sui limiti agli investimenti. Sul quale è stata aperta una consultazione terminata lo scorso 29 giugno.

È evidente, e assai meno confortante, che una simile apertura può comportare alti rischi per i futuri pensionati. La cupidigia è grande. Non è stato certo un bel preludio il tentativo (fallito) della scorsa estate, quando la Covip, l’ente di vigilanza sui fondi pensione, era stata prima cancellata e inglobata in un’entità legata a Banca d’Italia, poi resuscitata, con un imbarazzante dietrofront del Governo nel giro di un paio di settimane.

Può quindi essere interpretata positivamente la cautela con cui si avanza nella direzione di aprire le casseforti dei fondi pensione. Anche perché, nel tempo concesso alla cautela, sono emersi fattori che potrebbero (e qui si entra nella finanza-dei-sogni) avere un ruolo nella partita. Il primo è il rating etico di legalità varato dall’Antitrust. Pur dando conto allo scetticismo che ha suscitato, è pur sempre una certificazione di Stato del livello di correttezza e moralità di un soggetto economico. Legare gli investimenti dei fondi pensione a un simile parametro favorirebbe sia la scelta dei target di investimento, sia una effettiva attuazione dello strumento rating stesso.

Il secondo fattore emerso nel frattempo è l’esenzione dei fondi pensione dalla Tobin Tax, assieme ai fondi classificati come etici. Qui il punto si lega alla prevedibile corsa all’etichetta etica da parte di fondi che fino a oggi sono stati tutt’altro. Corsa che costringerà a una ricerca di parametri assai più stringenti di quelli attuali per ottenere l’eticità salva-Tobin. Questi paletti potrebbero essere un ulteriore fattore guida da imporre ai fondi pensione, non tanto per non pagare la Tobin Tax (in quanto, appunto, già esentati per legge), ma per garantire comportamenti di investimento sostenibile. Una prima guida ai criteri Esg (environmental, social e governance) per i fondi previdenziali è stata presentata dal Forum per la finanza sostenibile, ma l’implementazione di un set di parametri normativi o regolamentari farebbe di questi soggetti un promotore ufficiale della finanza etica. Garantirebbe a loro una tutela al rischio. E imporrebbe un passo importante – perché non immaginarlo? – alla futura creazione di una Borsa Sociale (come quella lanciata a Londra)

Sempre per restare nella finanza-dei-sogni, mancherebbe il tassello governance. Si sta facendo qualcosa per regolare normativamente la trasparenza sull’adozione (volontaria) dei criteri Esg (gli sforzi sono riconosciuti nell’ultimo rapporto Eurosif nelle pagine dedicate all’Italia). E si comincia a ragionare in Europa e anche in Italia, a meccanismi che riprendano dallo Stewardship code britannico criteri di attivismo, di maggiore trasparenza e condivisione delle scelte con i soci del fondo.

Chissà, nel momento in cui si garantirà trasparenza e possibilità di espressione ai titolari delle pensioni su scelte di investimento sostenibili, questo particolare capitolo della “finanza-dei-sogni” sarà blindato non solo per affrontare la realtà. Bensì, anche per migliorarla.

 

A cura di ETicaNews