7 gennaio 2013 – Scardinare le mura di cinta della pubblica amministrazione «ribaltando il problema». Ha esordito così, Paola Caporossi, direttore di Fondazione Etica, nel suo intervento al convegno “Crisi Italia, non è solo un problema di soldi – Arginare la corruzione per favorire l’efficienza nelle Pa” organizzato a Roma, il 18 dicembre scorso. Un messaggio piuttosto dirompente, lanciato nell’ambito di un’iniziativa dagli obiettivi dirompenti: aggregare le forze dal basso, e in qualche modo anche dall’esterno (da qui il ribaltamento del problema), per smuovere «quell’evergreen che è la grande riforma della Pa – ha spiegato Caporossi – nel senso che l’attendiamo da vent’anni». Iniziativa coraggiosa anche perché organizzata nel cuore della Pa (Sala della Mercede, Camera dei Deputati), e invitando una lunga serie di amministratori (ministri, viceministri, responsabili di dipartimenti ministeriali) nonché i vertici del principale braccio finanziario dello Stato, la Cassa depositi e prestiti. L’incontro è stato promosso assieme a Cittadinanzattiva, associazione storica delle battaglie civiche, che nasce nel 1978, conta oggi 115.539 aderenti e 15 associazioni federate (in Italia ha 19 sedi regionali e 250 assemblee locali), ed è stato l’occasione per presentare il libro “Dalla protesta alla proposta”, nel quale vengono aggregati i dati sulla trasparenza effettiva e i rating della Pa. Il convegno ha messo a confronto la Pa con soggetti provenienti dalla società civile, associazioni, enti di ricerca e media (l’onore è stato riservato a ETicaNews).

Quello del 18 dicembre, nei piani di Fondazione Etica e Cittadinanzattiva, deve essere solo un passo di presentazione delle diverse realtà oggi interessate a un vero cambiamento. Una sorta di scambio e intreccio di competenze per impostare un percorso che vada a rompere «un modello autoreferenziale che ha vanificato parte degli sforzi compiuti fino a oggi», ha spiegato Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva. Il riferimento è alla “accessibilità” imposta per legge alla Pa, e alle iniziative come le “giornate della trasparenza”, cose che diventano solo autocelebrative in quanto mancano controlli e operatività per il cittadino.

Un problema, quello dell’autoreferenzialità, che in qualche modo ha caratterizzato il convegno. Dove decine di relatori hanno portato un contributo teorico o di vita vissuta, ma dove raramente si è spostato il problema sul fatto che la Pa deve trovare il motivo di riforma al di fuori dalle proprie mura, in un sistema socio-economico che sta disintegrandosi.

Qualche accenno all’equilibrio “del” e “con” il Paese lo ha fatto Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e prestiti, spiegando che «il percorso avviato non è comunque sostenibile se non riparte la crescita». Il problema non è nemmeno «negli strumenti che possono essere messi a disposizione da una riforma». Il problema «è nella loro attuazione», ha proseguito, facendo riferimento al fatto che già nel 1999, per la qualità nella Pa, si erano previsti «meccanismi di valutazione delle prestazioni, ma non divennero mai effettivi». E così «in merito all’attuale Agenda digitale, già nel 2001 c’era la firma su una legge che prevedeva la documentazione digitale».

Assai più esplicito, e più duro, è stato l’intervento di Antonio Naddeo, Capo dipartimento funzione pubblica, dunque un soggetto che è ai massimi livelli amministrativi, appena al di sotto dei piani “politici”. Ebbene «basta riforme della Pa – ha esordito Naddeo – che arrivano ogni volta che c’è un cambio di ministro». Il manager pubblico ha sottolineato che «troppi progetti vengono lanciati e poi restano disattesi», evidenziando il danno di riforme come quella del 2001 che «concesse tanta autonomia agli enti nella gestione del personale, senza però considerare che questi non avevano la capacità di essere dei datori di lavoro». Il risultato è che ancora oggi «non c’è una piramide» delle responsabilità, bensì piuttosto «un’anfora, dove i dirigenti non prendono decisioni e non si distinguono dai funzionari». Forse, ha concluso il Capo dipartimento, è arrivato il momento di «partire dall’efficienza per combattere la corruzione, e non viceversa. E, per questo, è tempo di coinvolgere in modo attivo i cittadini e le imprese».

Il tema del coinvolgimento è stato ripreso da Gregorio Gitti, presidente di Fondazione Etica. «L’attività normativa del Parlamento – ha spiegato – è oggi la metà di quella di dieci anni fa, il che significa che c’è uno svuotamento della rappresentanza politica. Non c’è un luogo, un partito, un modello. E la cittadinanza non ha potere di intervento». Una situazione, ha concluso Gitti, «che ritengo sia contraria all’ordito costituzionale. Ecco perché ritengo che la riforma più urgente sia una legge che rifondi il sistema dei partiti come delle esigenze sociali».

Perciò, forse «è meglio mettere insieme i pezzi dal basso», ha detto Caporossi nel suo intervento, spiegando l’obiettivo di un convegno che vuole essere momento aggregatore. Valorizzato dalle ricerche di Cittadinanzattiva sulla trasparenza della Pa, e dal modello di Fondazione Etica per assegnare un rating agli organismi della Pa. «Dare un rating etico agli enti del settore pubblico – ha proseguito – consente di superare il problema, foriero di grandi contestazioni, dell’autovalutazione. Questo giudizio di valore misura dati oggettivi (trasparenza, burocrazia, governance, gestione dei fornitori, bilancio)». Soprattutto, permette un confronto. Crea una classifica. E questo «dovrebbe creare un circolo virtuoso: alle Pa più meritevoli dovrebbero andare più trasferimenti di risorse, e da qui seguire un maggior benessere per i cittadini». Ecco perché, «il coinvolgimento della cittadinanza è un obiettivo: in prospettiva, essa stessa dovrà chiedere il “perché” di un rating basso o inferiore ad altre amministrazioni». Il percorso è lungo, ma intanto Fondazione Etica ha predisposto sul proprio sito una raccolta di commenti sulla “tua Regione”, sulla “tua Usl” e sul “tuo Comune”. Per chi ha qualcosa da segnalare, è un’occasione.

 

A cura di ETicaNews