ore 16:35 -28/06/2016

La società delle energie rinnovabili ha in Gran Bretagna poco meno della capacità installata, ma la situazione è perfettamente sotto controllo, dice il manager: “I flussi generati in sterline sono al servizio della porzione di debito denominato nella stessa valuta, nessuna ripercussione”

Fra le società italiane più esposte alle eventuali ricadute della Brexit, c’è Falck Renewables, il gruppo dell’energia rinnovabile che ha poco meno della metà della capacità installata in Gran Bretagna.

Abbiamo rivolto alcune domande a Toni Volpe (nella foto), amministratore delegato del gruppo, per avere qualche indicazione su quale impatto il vertice dell’azienda si aspetta dalla decisione della Gran Bretagna di abbandonare l’Unione europea.

Qual è, allo stato attuale, la presenza di Falck Renewables nel Regno Unito?

“Il gruppo Falck Renewables è attualmente presente nel Regno Unito con 1falckvolpe.png0 impianti operativi per una capacità installata totale, calcolata al 100%, di circa 352 megawatt (il 46% su un totale di circa 760 megawatt escludendo le partecipazioni di minoranza) e due impianti in costruzione (Assel Valley e Auchrobert entrambi in Scozia). La restante capacità installata è situata in Italia (342 megawatt), Francia (42 megawatt) e Spagna (23 megawatt).

Con riferimento agli asset operativi nel Regno Unito avrete dei cambiamenti per effetto di Brexit? Può darci un’idea sull’esposizione debitoria in sterline del gruppo?

“Continueremo nella nostra attività di produttori di energia rinnovabile: da un punto di vista prettamente operativo i flussi generati in sterline britanniche sono al servizio della porzione di debito denominato nella stessa divisa per cui le società progetto proprietarie degli impianti non subiscono alcuna ripercussione.

Ricordo che dei dieci impianti operativi nel Regno Unito, sei impianti, per un totale di 273 megawatt, sono stati oggetto di cessione al 49% nel marzo 2014 a CII Holdco (quota di pertinenza 134 megawatt). L’ammontare della posizione finanziaria netta relativa agli impianti del gruppo nel Regno Unito, al 31 dicembre 2015, era pari a circa 175 milioni di sterline (pari a 238,5 milioni di euro al cambio di 0,73395 di fine 2015) rispetto ad una posizione finanziaria netta consolidata pari a circa 630 milioni di euro”. falck.png

Recentemente Falck Renewables ha messo in esercizio 34 megawatt nel Regno Unito e sta procedendo nella costruzione di altri 61 megawatt. Come state gestendo questo processo con riferimento al rischio cambio?

“Con riferimento ai due impianti in costruzione, per la porzione di investimento denominata in euro (sono principalmente turbine) abbiamo coperto sin dall’inizio il rischio di cambio euro/sterlina. Gli investimenti sostenuti ad oggi, per la costruzione e finanziati dalla Capogruppo sono stati già protetti dal rischio di cambio, mentre per gli investimenti ancora da effettuare per terminare la costruzione procederemo progressivamente alla contestuale copertura al momento in cui i fondi saranno necessari ai progetti”.

Quale effetto può avere su di voi il deprezzamento della sterlina?

“Una svalutazione strutturale della sterlina avrebbe un impatto positivo sull’indebitamento in valuta del Gruppo ma allo stesso tempo comporterebbe una variazione negativa degli indicatori economici e dei flussi di cassa dei bene in UK.  Detto questo però è un po’ presto per dire falckrenew.jpgquanto strutturale e quanto contingente sia l’andamento della sterlina. Per esempio, l’attuale valore del cambio, pari a circa 0,827, ci penalizza indubbiamente rispetto ai valori registrati nell’anno precedente, ma è sostanzialmente in linea con i valori degli ultimi cinque anni, in cui il minimo è stato del cambio Euro/sterlina 0,693 e il massimo è stato 0,9084 con una media intorno a 0,80”.

Quali sono per voi gli aspetti da considerare maggiormente post Brexit?

“Continueremo a monitorare gli indicatori di medio e lungo periodo e soprattutto quelle decisioni successive al referendum del 23 giugno che possano avere impatto sul mercato elettrico del Regno Unito. Al momento non sono evidenti collegamenti di sorta tra la regolamentazione mercato elettrico UK e Brexit”.

 

A cura della redazione WebSim