18 giugno 2013 – Promuovere la sostenibilità è la chiave per ottenere la sicurezza delle nazioni. Ed è attraverso questa prospettiva che deve essere letta la pubblicazione del sustainability report da parte dell’esercito americano (vedere l’articolo Il perfetto bilancio sociale? Lo Us Army). Lo sostiene Eric Ezechieli, co-fondatore e presidente di The Natural Step Italia, Executive Director di The Natural Step International, riferimento a livello internazionale in materia di innovazione strategica e leadership per la sostenibilità. Ezechieli ha collaborato a partire dal 2005 con l’International Training Programme for Conflict Management (Itpcm) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e con il Centro di eccellenza per le Unità di polizia di stabilità (Center of Excellence for Stability Police Units, Coespu), dove si formano militari e civili destinati a operare nelle missioni post belliche.

Il report del Department of Defense non è un paradosso?

Ho approfondito sin dal 2002 gli sforzi fatti dal Department of Defense e concordo sul fatto che la pubblicazione di un report di sostenibilità da parte di un esercito possa sembrare paradossale. I soldati, detto in maniera brutale, vanno in giro a sparare. In realtà, c’è un impegno molto forte e non è un caso se Amory Lovins (un fisico ambientalista statunitense, fondatore del Rocky Mountain Institute; è considerato uno dei massimi esperti in efficienza energetica ed è stato consulente di diversi governi e Capi di Stato, ndr), che considero il mio maestro e uno dei più autorevoli advisor a livello mondiale in termini di sostenibilità, tiene da anni training sul tema per i più alti livelli del Pentagono.

Perché mai i militari americani avrebbero così a cuore la sostenibilità?

Partiamo da un punto fondamentale: i militari non vogliono fare la guerra. Sanno meglio di chiunque altro quanto sia brutta. Il Department of Defense (Dod) ha ben chiaro che la dipendenza dall’energia fossile è il principale fattore di rischio per la sicurezza nazionale e internazionale e, pur continuando a obbedire agli ordini anche quando questi comportano azioni militari, da anni sta facendo il possibile per ridurne la causa, cioè la dipendenza dai combustibili fossili. Esistono svariati report in cui si sostiene che la cosa più importante per la sicurezza è ridurre la dipendenza dal fossile. Altro punto fondamentale: con 500 miliardi di dollari l’anno, l’esercito è la principale voce di spesa degli Stati Uniti. Il Dod è il principale datore di lavoro degli Usa e se fosse un’azienda sarebbe la più grande del mondo e i militari sono anche il maggiore consumatore di energia degli Usa, oltre il 90% dei consumi energetici del governo federale americano sono attribuibili al Dod. Non è un caso se il Dipartimento della Difesa Usa è diventato uno dei più grandi compratori e produttori di energie rinnovabili degli Stati Uniti. La sostenibilità è la chiave per garantire la sicurezza degli Usa, perché va nella direzione della riduzione del rischio e della prevenzione. Quindi questo report può essere visto come l’espressione di una strategia, oltre che uno strumento di comunicazione. Esistono piani strategici di innovazione, come “Winning the Oil Endgame”, molto noto al Pentagono, che in gran parte ne adotta le linee guida, in cui si sostiene che l’azione strategica più importante per la sicurezza è ridurre la dipendenza dal fossile. La sostenibilità è quindi una security issue. Energia, cibo, acqua: tutti sono motivi di conflitto. Per questo il DoD vuole sviluppare la massima competenza sui tema legati alla sostenibilità ambientale e sociale.

Sembra, però, che siano molto attenti alla sostenibilità in patria ma non altrove…

In realtà, dovunque operano portano gli standard più avanzati di sostenibilità, anche nelle basi e nelle operazioni militari. Gli edifici, la gestione dei rifiuti, l’energia, anche gli aspetti dello sviluppo della comunità dei civili sono tutti affrontati secondo logiche di sostenibilità. Ma c’è un altro aspetto preso in considerazione.

Quale?

Quello legato agli equilibri sociali, al benessere delle persone, anche su questioni spinose in ambito militare, come quella dei veterani, il rispetto delle donne nell’esercito, e i diritti degli omosessuali. Oggi c’è una crescente attenzione agli impatti sociali dell’attività militare e agli equilibri psicofisici delle persone. La questione è diventata sempre più sentita negli ultimi anni, ad esempio a causa dei suicidi dei veterani delle guerre in Medio Oriente. Su questi temi si sono viste aperture inaspettate.

C’è qualche fattore che limita questo andare sempre di più verso la sostenibilità?

Sì, ci sono fattori che distorcono la strategia che mira ad andare verso la sostenibilità come prevenzione delle guerre: sono i gruppi degli armamenti e i fornitori, vale a dire l’industria che guadagna dalle operazioni militari.

Ma sui fornitori l’esercito ha un potere…

In quanto acquirente, se fa scelte di approvvigionamento nell’ottica della sostenibilità, dovrebbe favorire aziende con tecnologie più efficienti, che utilizzano energie rinnovabili e via dicendo. Sensibilizzando anche la supply chain.

Fausta Chiesa

 

A cura di ETicaNews