31 maggio 2013 – Già a partire degli anni ‘70 Joseph Weizenbaum, professore del Mit, lanciava un appello alla comunità scientifica per mettere in guardia dai rischi derivanti dalle tecnologie dell’informazione. Ma è solo circa vent’anni dopo che emerge la questione della necessità di un’etica applicata in grado di ridurre la probabilità del verificarsi di effetti imprevisti ed indesiderati derivanti dall’applicazione dell’Information Technology. Da allora tale consapevolezza è cresciuta fino a dar vita a veri e propri corsi universitari sul tema indicato con il termine di “Computer Ethics”. Fin dalla sua nascita, avvenuta negli anni 90 negli atenei statunitensi, si è configurata come una materia con diverse direzioni di ricerca: quelle che considerano l’informatica come un campo da studiare con gli strumenti classici della filosofia, quelle che ritengono necessaria una nuova disciplina dedicata ai dilemmi etici specifici legati ai computer,altre che attribuiscono la sua stessa fondazione al padre della cibernetica, Wiener. In Italia la spinosa questione tarda a sbarcare nelle università: il primo corso, dal titolo “Informatica generale: aspetti sociali, etici e professionali “ viene attivato nell’ambito della laurea in Informatica dell’Università di Pisa solo nel 1998. Nel corso dell’ultimo decennio sia i corsi, sia gli spunti di ricerca si sono moltiplicati. Ma fuori dall’ambito accademico stenta a decollare la necessaria sensibilità sul tema. Ne parliamo con Piercarlo Maggiolini, Docente di Deontologia ed Etica delle Tecnologie dell’Informazione presso il Politecnico di Milano, e tra i massimi esperti italiani sul tema insieme a Norberto Patrignani, Docente di Computer Ethics alla Scuola di Dottorato del Politecnico di Torino.

Su quali ambiti si sta concentrando l’attenzione degli studiosi di Computer Ethics? Quali sono i temi oggi più importanti ?

I temi che possono essere ricompresi sotto questa etichetta sono, e possono essere, davvero numerosi: spaziano dalla Governance di Internet al tele-lavoro, dal digital divide ai temi della privacy e della criminalità informatica. Mi rifaccio alla mappa già proposta da Norberto Patrignani che mostra come i temi della Computer Ethics attraversano i vari livelli in cui può essere articolato il mondo dell’informazione, da quelli più fisici fino alla “noosfera”, la sfera delle idee. E le sfide emerse in tempi recenti vanno dalla cosiddetta Società dell’informazione all’e-democracy, riguardante la partecipazione politica tramite le tecnologie informatiche, alla proprietà intellettuale, dall’etica hacker ai crimini informatici, dalla privacy alla nuova organizzazione del lavoro. Fino alle problematiche ecologiche poste dai computer, il problema della cosiddetta informatica verde, perché ormai i problemi posti dalla quantità di apparecchi da smaltire, dai consumi energetici legati all’informatica, etc. cominciamo ad essere molto significativi. Di tutta questa mappa di temi, tre sono tanto importanti quanto sottovalutati. Il primo tema è quello della trasmissione della conoscenza (etica dei motori di ricerca). E’ diventato un grande problema il fatto che la trasmissione della conoscenza, come è ormai evidente da almeno 7-8 anni, prima in Usa e poi da noi, avvenga attraverso motori di ricerca. L’altro tema è quello della gestione delle transazioni finanziarie ad alta frequenza. Il terzo infine è il problema della e-reputation, cioè della reputazione in rete, problema molto delicato e importante di cui non si parla a sufficienza, specie di fronte alla rapidissima diffusione dell’uso dei social network.

Quali sono i presupposti di questa nuova forma di etica applicata?

Senza libertà non c’è responsabilità, e dove non c’è responsabilità soprattutto verso gli altri, direttamente – attraverso, relazioni corte, cioè quelle immediatamente interpersonali – o indirettamente – attraverso relazioni lunghe, cioè quelle mediate dalle istituzioni o dall’ambiente, non si può neppure parlare di etica. Nella odierna società globalizzata e “tecnologizzata” molte nostre azioni hanno certamente un impatto sulle condizioni degli altri, anche se sono lontani e sconosciuti, ma solo poche di esse sono accompagnate sin dall’inizio da consapevolezza delle conseguenze e quindi da una possibile riflessione etica. Quindi la nuova etica, non può essere solo un’etica individuale, “privata”, ma è anche e soprattutto un’etica collettiva, pubblica.

Qual è dunque il compito affidato alla Computher Ethics?

Ogni nuova tecnologia dell’informazione ha senz’altro segnato un passo avanti nella storia delle civiltà umane. Ma dal momento che l’evoluzione e la diffusione delle tecnologie sono davvero rapide, anche la coscienza critica deve essere ben vigile ed altrettanto rapida. In Italia diverse università hanno introdotto corsi di Computer Ethics con l’intento dichiarato e preciso di contribuire alla formazione di figure complesse ovvero persone che, oltre ad avere una competenza tecnica, siano anche in grado di dare una valutazione delle implicazioni sociali ed etiche della tecnologia dell’informazione. Occorre tuttavia investire di più affinché la ricerca possa continuare sul percorso già tracciato. Investire infatti in questo tipo di preparazione significa poter contare su una maggiore competenza dei “computer professional”, che devono fornire, al pubblico in generale ed ai decisori pubblici, tutte le informazioni sulle potenzialità, sui rischi e limiti dell’Ict, l’Information & Communication Technology.

Rosaria Barrile

 

A cura di ETicaNews