2 luglio 2013 – Il mondo della certificazione della Csr delle aziende è in continua evoluzione in cerca di uno o più centri di gravità che diano equilibrio, trasparenza e certezze. Uno di questi è lo SA8000, uno standard internazionale che elenca i requisiti per un comportamento eticamente corretto delle imprese e della filiera di produzione verso i lavoratori. L’ultima prova, in ordine di tempo, della sua crescente affermazione e diffusione è il seminario organizzato dalle segreterie di Cgil, Cisl e Uil, con la collaborazione del Cise, Azienda speciale della Camera di commercio di Forlì-Cesena e con il patrocinio della Camera di commercio di Parma, che si è tenuto la scorsa settimana con l’obiettivo di sensibilizzare le imprese del territorio sul tema della certificazione etica, secondo appunto i requisiti dello SA8000.

Ma cos’è questo standard? Cerchiamo di capirci di più. La norma SA (Social Accountability) 8000, standard internazionale elaborato nel 1997 dall’ente americano Sai, contiene nove requisiti sociali orientati all’incremento della capacità competitiva di quelle organizzazioni che volontariamente forniscono garanzia di eticità della propria filiera produttiva e del proprio ciclo produttivo. Tale garanzia viene formata con la valutazione di conformità del sistema di responsabilità sociale attuato da un’organizzazione ai requisiti della norma SA8000 visibile attraverso la certificazione rilasciata da una terza parte indipendente con un meccanismo analogo a quello utilizzato per i sistemi di gestione per la qualità secondo le norme UNI EN ISO serie 9000 o di gestione ambientale secondo le norme UNI EN ISO serie 14000.

SA 8000 nasce dal Cepaa (Council of Economical Priorities Accreditation Agency), emanazione del Cep (Council of Economic priorities), istituto statunitense fondato nel 1969 per fornire agli investitori ed ai consumatori, strumenti informativi per analizzare le performance sociali delle aziende. E’ basato sulle convenzioni dell’Ilo (International Labour Organization), sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino.

Uno dei punti di forza è che coinvolge direttamente componenti importanti della comunità. A cominciare dai fornitori, e quindi della supply chain, la cui sottovalutazione da parte delle aziende sta facendo tanto discutere negli ultimi mesi. Interessa poi tutti gli altri stakeholder: clienti, consumatori e loro associazioni, gruppi ambientalisti ed umanitari,organizzazioni sindacali , mass media, residenti nell’area produttiva.

Come viene spiegato nel sito dedicato, «l’adesione ai sistemi di responsabilità sociale si inquadra in una generale tendenza verso un innalzamento della qualità della vita e delle condizioni dei lavoratori e comporta contemporaneamente un miglioramento dell’immagine aziendale e del valore riconosciuto ai prodotti. Le imprese che volontariamente forniscono garanzie di eticità della propria filiera e del proprio ciclo produttivo vedranno dunque accresciuta anche la propria capacità competitiva». Come più volte già sottolineato da EticaNews, si tratta di un processo irreversibile: le nuove dinamiche economiche globali spingono le imprese a non poter più ignorare temi fondamentali come il rispetto dei diritti umani, il rispetto dei diritti dei lavoratori. la tutela contro lo sfruttamento dei minori, le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro.

In questo contesto si inserisce appunto lo standard SA8000. Ma attenzione. E’ una norma e le norme non sono leggi. Le norme tecniche sono documenti che definiscono le caratteristiche di un prodotto, processo o servizio secondo quello che è lo stato dell’arte tecnico/tecnologico. Per le leggi, aspettiamo l’azione del Governo italiano. Mettetevi comodi.

 

A cura di ETicaNews