26 novembre 2012 – Sviluppo umano integrale: è questo il concetto intorno al quale ha discusso l’economia sociale italiana nell’appuntamento ormai tradizionale delle Giornate di Bertinoro per l’Economia civile organizzate il 9-10 novembre scorsi da Aiccon (Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit), giunte alla XII edizione. Un’edizione particolarmente importante sia perché caduta nell’Anno internazionale della cooperazione, proclamato dall’Onu per il 2012, sia perché arrivata in un periodo in cui la grande crisi sta facendo sentire con particolare virulenza i suoi effetti nel nostro Paese. Dal punto di vista economico, occupazionale, sociale.

Ma è proprio per questi motivi che il Terzo settore a Bertinoro ha cercato di individuare con attenzione quali sono i modi e le strade da percorrere per far pesare ancora di più il suo contributo a favore del tessuto sociale ma anche economico italiano, perché tale contributo è oggi più importante che mai. Ed è destinato a crescere ulteriormente in futuro.

La sfida che il Terzo settore ha davanti è stata ben riassunta dal professor Stefano Zamagni, uno dei massimi esperti di economia sociale in Italia, che ha declinato il significato di sviluppo umano integrale e lo ha indicato come l’obiettivo prioritario da perseguire.

Attraverso questo concetto, che non a caso ha fortissime assonanze con lo Human Development Index che da anni l’Onu calcola per valutare l’effettivo progresso di cui le popolazioni nei vari Stati e aree del pianeta godono, si intende soprattutto marcare una netta differenza con il concetto di crescita che il paradigma economico dominante indica da decenni come l’unico obiettivo perseguibile (tanto che spesse volte si è utilizzata al riguardo l’espressione “dittatura del Pil”). Lo sviluppo umano integrale, invece, riunisce tre dimensioni: una quantitativo-materiale, una socio-relazionale, una spirituale. Ciò significa che il puro incremento materiale non può essere l’unica misura del progresso di una società, ma deve essere temperato e accompagnato da un’evoluzione positiva anche su altre dimensioni, probabilmente più complesse da misurare e valutare (ci sta provando a farlo l’Istat, che nel nuovo censimento del non profit, a cui hanno già risposto circa 135mila organizzazioni non profit, intende appunto misurare fenomeni che hanno a che fare con le relazioni), ma non certo meno importanti.

Per raggiungere obiettivi di sviluppo umano integrale, il modello cooperativo emerge ancora oggi come il più efficace. La cooperazione, infatti, aumenta il tasso di imprenditorialità (imprese sociali), aumenta la mobilità sociale, riduce le disuguaglianza, incrementa il capitale sociale e il collante indispensabile della fiducia. «Il termine cooperazione – ha detto il professor Zamagni – tornerà a dominare la scena politica, economica e pratica, diventando quindi la parola d’ordine e la pratica dell’agire economico e sociale». La sfida più grande per l’economia sociale, quindi, è quella di riuscire a proporre un modo alternativo a quello tradizionale dominante di intendere lo sviluppo, dove cioè la dimensione sociale non viene dopo quella economica ma ne è parte integrante, la informa e la orienta.

Accanto a questo messaggio di fondo, le Giornate di Bertinoro sono servite a ribadire a suon di numeri che l’importanza del Terzo settore continua a crescere, come è stato anche negli anni della crisi. Tra il 2007 e il 2011, ad esempio, anni caratterizzati da una diminuzione dell’occupazione del 2,3% a livello nazionale, la cooperazione sociale ha visto crescere il numero dei suoi occupati del 17,3% (la cooperazione in generale è cresciuta in termini di occupazione dell’8%).

Particolarmente interessanti anche i dati presentati a Bertinoro da Unioncamere sulla struttura professionale delle assunzioni nelle imprese sociali, che nel 63% dei casi riguardano giovani e nel 28,7% donne. Vi è ad esempio una forte incidenza di lavoro immigrato, superiore al 20% delle assunzioni, che mostra come le imprese sociali possano costituire un potente veicolo di integrazione. E cresce anche il livello professionale degli occupati nelle imprese sociali, con un 27% di laureati assunti, cioè quasi il doppio rispetto al 14% del dato nazionale e 9 punti percentuali in più rispetto al dato dello scorso anno.

I dati dell’indagine conoscitiva realizzata fra le centinaia di partecipanti alle Giornate di Bertinoro, infine, hanno offerto importanti indicazioni sull’importanza che la dimensione imprenditoriale, il cosiddetto “social business”, sta acquisendo nel panorama dell’economia sociale. Gli intervistati hanno infatti espresso un giudizio positivo sulle società di capitali promosse da soggetti non profit con l’obiettivo di costruire un nuovo modello di welfare, purché governate da organizzazioni non profit (42%) e a patto di reinvestire gli utili (34%).

Andrea Di Turi

 

A cura di ETicaNews