23 gennaio 2013 – L’esenzione dalla Tobin tax, introdotta dal governo col Ddl stabilità, costituisce forse un punto di svolta per il settore della finanza etica o socialmente responsabile (Sri) in Italia. Perché potrebbe accelerare un processo finalizzato a dare maggiore credibilità e riconoscibilità sul mercato ai prodotti Sri. Aiutando magari a far crescere gli asset gestiti con criteri responsabili e sostenibili, che rimangono molto bassi, specie se confrontati con i Paesi big in Europa nella finanza sostenibile.

A oggi, infatti, in Italia come quasi ovunque non vi è una vera e propria verifica delle caratteristiche Sri di un prodotto che si dichiara tale: è sufficiente che soddisfi i requisiti posti in materia dalla Consob, riguardanti obblighi informativi e di rendicontazione (art 89-90). Ci sono poi delle regole che il settore si è dato da sé a livello europeo, vale a dire le Linee guida per la trasparenza dei fondi Sri definite da Eurosif (il Forum dei forum europei che promuovono la finanza Sri) per il mercato retail, ma che restano nell’ambito dell’adesione volontaria. Mentre un domani si potrebbe arrivare, forse, a qualcosa di più.

Sollecitato a farlo proprio dal provvedimento che ha introdotto la tassa sulle transazioni finanziarie, e che ha di conseguenza stabilito un vantaggio fiscale, escludendoli dall’imposizione, per i prodotti finanziari Sri, il Forum sulla finanza sostenibile, che l’estate scorsa con la Carta dell’investimento Sri aveva in pratica già mosso un primo passo in questa direzione, ha infatti attivato un gruppo di lavoro per studiare la possibilità di introdurre dei criteri minimi per lo Sri. Anche se ciò non significa che si stia aprendo la strada per l’introduzione di un bollino o etichetta Sri, che lo stesso Forum storicamente non hai mai messo in agenda anche per via di comprensibili timori: che, in sostanza, l’obiettivo diventi ottenere il bollino, com’è destino un po’ per tutti i bollini, etichette o standard normativi; e che di conseguenza si perda di vista il vero obiettivo, che è l’integrazione piena dei criteri Esg (sociali, ambientali e di governance) nell’attività di valutazione e selezione degli investimenti, discendente dalla convinzione che essi rendono un investimento più sostenibile specie nel lungo periodo.

In realtà quella del bollino è implicitamente una questione da tempo latente nel settore Sri, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Perché si sente l’esigenza, specie da parte degli investitori retail che hanno propensione a forme di investimento socialmente responsabili, di avere una conferma terza, insomma indipendente, che un prodotto che si dichiara Sri lo sia effettivamente: in altre parole una questione di fiducia.

Il punto non è certificare l’etica o la responsabilità sociale, cosa ovviamente impossibile e dalla logica contraddittoria (se la responsabilità sociale inizia dove finisce la legge, infatti, non può essere la legge o comunque la norma a validarla). Il punto è offrire una garanzia in più, oltre a quella delle società che propongono l’investimento, e uno strumento di riconoscibilità in più. Sapendo che ogni certificazione o controllo nasconde insidie e contro-indicazioni: gli scandali finanziari dell’ultimo decennio, del resto, hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che qualsiasi catena di controllo, anche la più strutturata, gerarchica e istituzionale, può facilmente saltare quando c’è chi ha l’interesse e il potere di farlo accadere.

La questione del bollino ha acquisito rilevanza soprattutto da quando in Francia venne lanciato il label Isr (che sta per Sri, detto in francese), nel 2009. A farlo fu da Novethic, un centro di ricerche sulla responsabilità sociale d’impresa e gli investimenti responsabili (fa capo alla Caisse des Dépôts) che gestisce tra l’altro un documentatissimo sito d’informazione sul mercato Sri francese. Il label Isr prende in considerazione la trasparenza del processo di integrazione dei criteri Esg nell’attività d’investimento e si basa su quattro criteri fondamentali, descritti nel documento di Faq disponibile sul sito di Novethic:

– l’integrazione dei criteri Esg deve riguardare il 90% dell’attivo in portafoglio

– il processo di investimento Sri deve essere presentato pubblicamente e con trasparenza

– si devono fornire regolarmente informazioni sull’evoluzione delle caratteristiche Sri dei fondi

– si deve dare informazione pubblica sulla composizione integrale degli investimenti in portafoglio (non solo i top holdings, per intendersi).

Il label non dà, invece, informazioni sulle caratteristiche prettamente finanziarie del fondo. È previsto che l’assegnazione del label abbia validità per un anno, con verifiche semestrali. Attualmente, come si può verificare dal database presente sempre sul sito di Novethic, sono 109 i fondi Sri sul mercato francese che hanno ottenuto il label Isr. La prossima sessione di valutazioni per l’assegnazione del label partirà in primavera.

Ora, non si può affermare che vi sia una relazione di causa-effetto, ma è probabile che l’introduzione di questa etichetta abbia contribuito a spingere il mercato Sri transalpino. Che negli ultimi anni, ormai stabilmente, ha scalzato quello britannico dalla vetta europea, come ha confermato l’ultima ricerca condotta da Vigeo. Anche il label Isr nel recente passato ha subìto critiche da chi aveva rilevato la presenza, nei portafogli dei fondi che recavano l’etichetta, di alcune imprese ritenute discutibili dal punto di vista del grado di responsabilità sociale della propria attività. Tuttavia questo label resta a tutt’oggi l’esperienza più importante in fatto di bollini o etichette per prodotti di finanza Sri. Alla quale potrebbe forse essere utile guardare, magari anche per migliorarla, nel momento in cui si volesse avviare un’iniziativa del genere anche in Italia. O in tutta Europa.

Andrea Di Turi (@andytuit)

 

A cura di ETicaNews