12 novembre 2012 – Più che una Final Conference è diventata un opening. Nel senso di passo d’apertura per qualcosa che comincia a emergere e deve essere spinto con decisione e condivisione pubblico-privato. Si è conclusa, infatti, con molte aspettative e sette ore di lavori (scarica la selezione della twittercronaca realizzata da ETicaNews) la conferenza finale di presentazione del progetto ResponsibleMed – Promoting Csr and Competitiveness in the Mediterranean and beyond, svoltasi giovedì scorso 8 novembre al primo piano dell’affascinante Palazzo Bernardini a Lucca (sede della locale Confindustria). Tra rappresentanti regionali e confindustriali, docenti universitari e imprenditori è emerso chiaro l’obiettivo futuro: trovare la formula per replicare il progetto in sede europea, ma anche fare in modo che questa iniziativa diventi uno strumento effettivo e utile in patria.

ResponsabileMed, iniziativa guidata dalla Regione Toscana che ha coinvolto, in due anni di lavori, nove partner (istituzioni regionali, università, agenzie per lo sviluppo e camere di commercio) di sei Paesi del Mediterraneo (Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Grecia e Cipro), ha permesso due primari obiettivi: costruire un quadro dettagliato della realtà delle Pmi europee in rapporto alla Corporate social responsibility; realizzare e rendere accessibile online un modello di valutazione che consenta alle piccole e medie imprese di valutare il proprio livello di responsabilità sociale e di individuare le strategie possibili per implementarlo. Nel corso del convegno, a tal proposito, è stato presentato il manuale d’istruzioni, in formato cartaceo, per lo strumento di autovalutazione della Csr.

LE ISTITUZIONI

Il Convegno è stata l’occasione per mettere a confronto le posizioni istituzionali con quelle della ricerca universitaria e, infine, con le esperienze sul campo. Ad aprire i lavori è stata Cristina Galeotti, presidente dell’Assoindustria Lucca, la quale ha messo sul piatto un concetto ambizioso: «Cercheremo – ha detto – di costruire un polo regionale di imprese sostenibili». Certo, ha sottolineato, c’è un problema strutturale di risorse, ma forse ancor più di conoscenza. Ecco perché, ha proseguito Albino Caporale, dirigente dell’area programmi comunitari della Regione Toscana, serve «una nuova politica sociale basata maggiormente sulla mutualità e la cooperazione». Il che significa «costruire tra aziende maggiori e giovani imprese rapporti che vadano oltre la logica delle convenienze». E significa inoltre «capitalizzare anche esperienze come questo progetto». Anche Sabrina Paolini, della Regione Umbria, ha posto l’accento «su una logica di sistema», sostenuta dal pubblico «che, da parte nostra, si è tradotto in punteggi preferenziali per chi ha adottato certificazioni etiche». A portare l’esperienza spagnola è stato Xavier Lòpez, direttore generale per l’economia sociale e cooperativa del Dipartimento per gli affari della Catalogna, il quale ha evidenziato che «pilastri per sviluppo delle imprese sono l’internazionalizzazione, l’innovazione e la Csr». Nel senso che, per una crescita possibile, «alle Pmi non basta più fare innovazione. Serve compromesso tra benefici e creazione di occupazione»

ITALIA-EUROPA

A introdurre la sessione di confronto tra Italia ed Europa è stata Simonetta Baldi, responsabile del settore delle politiche di supporto alle imprese della Regione Toscana, la quale ha ripercorso brevemente l’impegno regionale («tra cui i 750mila euro investiti in Fabrica Ethica in cinque anni») e annunciato che «continueremo a spingere sulla responsabilità sociale, anche promuovendo gli strumenti frutto di questo progetto». Sul fronte europeo, ha parlato Iris Kroening, della direzione generale Impresa e industria della Commissione Ue, la quale ha ribadito la convinzione comunitaria per «aggiornare la strategia sulla Csr pur senza nuove direttive e facendo salvo l’impegno per un modello volontario e senza oneri per le Pmi». In generale, Bruxelles ritiene «la Csr un tassello per lo sviluppo futuro». Infine, in chiave Italia-Europa è intervenuto Danilo Festa, Direttore Generale Direzione Generale per il Terzo Settore e le Formazioni Sociali, del Ministero del Lavoro, il quale, dopo aver sottolineato che nel nostro Paese «la soglia di sensibilità al tema della Csr è già piuttosto alta», ha però evidenziato la necessità di un collegamento e un coordinamento, quale potrebbe l’Action Plan sulla responsabilità sociale d’impresa in corso di preparazione, secondo le indicazioni richieste da Bruxelles

Giuseppina De Lorenzo, responsabile del progetto RespMed per la Toscana, ha quindi presentato i principali risultati del biennio di lavoro, entrando nel dettaglio sia delle statistiche relative alla Csr nelle Pmi sia del modello di autovalutazione («uno strumento del genere ancora non esisteva»). In linea generale, «le imprese valutano strategie di Csr, ma con strumenti differenti», ossia spesso non catalogabili come tali. In ogni caso, «sperimentano benefici, a cominciare da un miglioramento dell’immagine». Il vero problema è che hanno necessità «di essere consigliate dagli operatori del settore nella ricerca degli strumenti giusti per applicare e, soprattutto, comunicare le proprie politiche di responsabilità sociale».

LE UNIVERSITÀ

Non sono pochi i casi di aziende che, pur attuando politiche di responsabilità sociale, sottovalutano il loro ruolo nel miglioramento della competitività. Al punto da non riuscire a comunicarle. A confermarlo, la ricerca di Pilar Marquès Gou, dell’università di Girona, che dopo aver realizzato diverse interviste ai titolari di Pmi del distretto di Girona, è giunta alla conclusione che «le aziende che meglio comunicano la Csr sono quelle che credono maggiormente rispetto alle altre nelle sua capacità di migliorare la competitività delle aziende». Gou è intervenuta nella sessione dedicata al mondo dell’Università. Tra gli altri interventi, Eleni Apospori (università di Atene) ha rilevato come «i benefici della Csr siano percepiti maggiormente dalle imprese più grandi rispetto alle piccole»; Maria Krambia-Kapardis (Università di Cipro) ha parlato di «un dialogo con la Ue per la creazione di un ombudsman per la Csr»; Elsa Maria Nunes Barbosa (Politecnico di Beja) ha illustrato anch’essa una ricerca, svolta intervistando gli studenti, da cui traspare che «il 47% aprirebbe un’azienda anche per ragioni sociali».

IL TERRITORIO

Nel pomeriggio, si è dato spazio ad alcuni protagonisti del territorio con il coordinamento di Giulia Bubbolini (Centro per l’innovazione e lo sviluppo economico). I relatori hanno raccontato le loro esperienze nell’ambito della applicazione della Csr nelle imprese. Damla Taskin (coordinatore Unido) ha commentato il migliorato rapporto con i contoterzisti della Turchia grazie alla condivisione di strategie di lungo periodo tra committenti e aziende locali. David Aguinaga (della Camera di commercio di Terrassa) ha portato l’esperienza di quello che era un negozio di mobili, poi cresciuto a noto brand di arredamento. Marco Grilli ha raccontato la sua esperienza imprenditoriale con la Amco, società nata nel 2006 nel settore delle forniture aeronautiche «grazie al supporto della Regione Umbria e ai legami col territorio». Infine, testimonanze dalla banca cooperativa della Tessaglia, in Grecia, fondata nel 1998. Il presidente Anastasios Lappas ha raccontato che nel 2007 il Cda della banca ha deciso di proporre una ridistribuzione delle risorse in ambito Csr. Tra le iniziative, oltre all’ambiente e le risorse umane, anche il contesto sociale: gli studenti di Trikala ora vanno a scuola con un minibus comprato dalla banca.

Manuela Messina

 

A cura di ETicaNews