21 maggio 2014 – Come dare nuova vita ai beni confiscati alla mafia? Con il microcredito. La notizia arriva dal convegno «Beni confiscati alla mafia e microcredito» tenutosi sabato 17 maggio al Palazzo di Giustizia di Catania, organizzato, tra gli altri, da Università di Catania, Arcidiocesi di Catania, Confindustria e Credito Valtellinese.

Scopo del convegno era presentare i contenuti del ddl di riforma del «Codice antimafia». Tra i punti cardine del documento, la destinazione di una parte del patrimonio confiscato, 5 miliardi, ad un apposito fondo di garanzia presso l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (più nota come Anbsc). Nelle intenzioni del ddl, i 5 miliardi si collocherebbero a presidio di garanzie fideiussorie in favore del sistema bancario per il 70% dell’originario valore. In sostanza, dando avvio a un’operazione di microcredito del valore di circa 7 miliardi. Ciò darebbe, si legge nel testo di presentazione del convegno, «un impulso rilevante ai consumi e consoliderebbe il consenso alla lotta alla mafia anche fra quanti vivono nel bisogno». Una boccata d’aria alle aziende confiscate, considerando anche i dati diffusi da Transcrime, centro di ricerca dell’Università Cattolica e dell’Università di Trento, secondo cui solo il 15-20% delle 2.000 ditte confiscate dal 1983 è ancora oggi attivo sul mercato, il 60% è stato liquidato mentre il 10% è fallito.

Paolo Ballanti

A cura di ETicaNews