4 settembre 2013 – Con l’emanazione da parte della Consob del regolamento sull’equity crowdfunding, l’Italia ha conquistato il record di primo Paese al mondo a dotarsi di una normativa specifica e organica in questo settore. E non è un risultato da poco. Ora, tuttavia, occorrerà vedere se il regolamento reggerà alla prova dei fatti. Vale a dire se sarà funzionale allo sviluppo del settore che, in Italia, sta crescendo ma è ancora molto lontano dalle dimensioni che, per esempio, ha raggiunto negli Stati Uniti, o se in qualche modo, con le prescrizioni, le procedure e i vincoli introdotti, questo regolamento costituirà un ostacolo in più da superare per il crowdfunding sulla strada della definitiva affermazione. Se il processo, con consultazione pubblica, che ha portato alla definizione del regolamento ha ricevuto approvazione pressoché unanime, e il primato mondiale conseguito dall’Italia è senz’altro un grosso punto a favore, nel merito i 25 articoli di cui il regolamento si compone sono stati infatti oggetto fin da subito di non poche critiche. Adesso, per facilitare la comprensione e l’attuazione del regolamento, la Consob ha prodotto un utile vademecum, una guida con le informazioni indispensabili “da sapere” prima di valutare l’investimento in una start-up innovativa tramite portali online (disponibile sul sito della Consob nella sezione Equity crowdfunding, accessibile direttamente dalla homepage all’interno della sezione dedicata all’Educazione finanziaria). Fra i punti iniziali del vademecum si ricorda che la delega che ha attribuito alla Consob il compito di disciplinare l’equity crowdfunding indicava come obiettivo fondamentale la creazione di un ambiente affidabile, per generare la fiducia negli investitori. E proprio qui sta una delle critiche principali mosse al regolamento: per soddisfare il condivisibile obiettivo della creazione di un ambiente affidabile, si sono strette un po’ troppo le maglie, o irrigidite eccessivamente le procedure? C’è il rischio che ciò soffochi, almeno in parte, lo sviluppo del crowdfunding, finora avvenuto spontaneamente e liberamente? Non è però l’unico punto, questo, su cui si è acceso il dibattito sui pro e contro del regolamento Consob. «Penso che questo regolamento sia importante principalmente perché ha finalmente messo sotto i riflettori uno strumento del quale fino a poco più di un anno fa si sapeva molto poco». È il parere di una delle maggiori esperte di crowdfunding in Italia, Daniela Castrataro, presidente dell’ICN-Italian crowdfunding network (l’associazione di settore), che insieme alla sociologia e studiosa di social network Ivana Pais ha condotto le più accreditate analisi sul crowdfunding in Italia (di cui scrive sul blog Crowdfunding Italia). «Ora potrebbe sia fungere da guida al settore, sia da test sul mercato italiano – spiega ancora Castrataro -. Il regolamento è il risultato di un incontro-scontro tra il mondo finanziario tradizionale e le nuove dinamiche del web 2.0 che caratterizzano il crowdfunding. Presenta evidenti sforzi di trasparenza e semplificazione, di collaborazione e ascolto delle esigenze di tutte le parti, ma resta un regolamento limitato e restrittivo. In particolare, mi spaventa un po’ il fatto che sia limitato alle sole start-up innovative, che potrebbero non costituire un bacino di test abbastanza vasto, e sicuramente ci sono clausole che riconoscono agli operatori finanziari tradizionali un ruolo ancora preminente, il che potrebbe ridurre la portata innovativa del regolamento. Ma a mio avviso è importantissimo che il processo sia partito, ora non resta che impegnarci a mantenere aperto il dibattito e contribuire allo sviluppo ulteriore». Cosa è dunque lecito attendersi da questo primo periodo di sperimentazione, che sta partendo proprio ora? Sul sito di Consob, per esempio, non vi sono ancora soggetti iscritti o annotati nel registro dei gestori dei portali previsto dal regolamento. «Nei prossimi mesi – risponde Castrataro, che nel 2012 è stata co-fondatrice di Crowdfuture, prima conferenza sul crowdfunding in Italia che tornerà con la seconda edizione il prossimo 19 ottobre a Roma – continuerà quello che sta già accadendo, ovvero la proliferazione di piattaforme di crowdfunding equity-based, probabilmente troppe rispetto alla domanda. Ma è una fase necessaria perché si formi un mercato. Sicuramente crescerà la consapevolezza e la conoscenza dello strumento». Chi il mercato l’ha praticamente fatto nascere e contribuito a farlo crescere è Produzioni Dal Basso, prima piattaforma di crowdfunding lanciata in Italia, nell’ormai lontano 2005 (recentemente ha postato su Twitter i numeri sulla sua attività nella prima metà del 2013). Qual è il parere dei “pionieri” italiani sul regolamento Consob? «Prima di entrare nel merito – afferma Angelo Rindone, co-fondatore di Produzioni Dal Basso insieme al fratello Davide -, trovo abbastanza singolare che in Italia si normi una cosa del genere. Perché il crowdfunding che ha più successo nel mondo, quello reward-based (dove non si investe, ma si dona denaro in vista dell’ottenimento di un premio, ndr), in Italia è ancora un fenomeno emergente. Di solito si lascia che un fenomeno cresca, si sedimenti, e poi lo si norma, per esempio per evitare distorsioni. Mentre noi abbiamo fatto un po’ l’inverso e in questa fase ciò rischia in parte di bloccare il percorso di sviluppo». E nel merito? «Non valuto positivamente – riprende Rindone – la limitazione alle start-up innovative, che ritengo il vincolo maggiore: è un ambito troppo ristretto e poco in linea con il sentiment imprenditoriale italiano. Il crowdfunding potrebbe avere un impatto importante in molti altri settori, come il turismo, l’agroalimentare, la moda e il design, cioè le eccellenze italiane, che potrebbero intercettare anche investimenti dall’estero. Così pure non vedo positivamente il fatto che, regolamento alla mano, difficilmente si potrà diventare una piattaforma di equity se già non si è un soggetto che opera nel campo del risparmio gestito e dell’intermediazione. È stato detto che queste maglie verranno allargate e credo avverrà, ma a oggi questa è la situazione. Infine, penso che anche dal punto di vista della comunicazione sia stato sbagliato focalizzare l’attenzione sul modello equity-based e sulle start-up: è un mondo molto più grande e complesso, che riguarda soprattutto progetti culturali e sociali e in cui il modello reward-based a mio avviso resta vincente». Aspetti positivi ce ne sono? «Va dato sicuramente atto – riconosce Rindone – che la norma è stata definita nei tempi, con rapidità. È stato un segnale importante: finalmente si è iniziato a parlare di crowdfunding anche in Italia».

Andrea Di Turi

 

A cura di ETicaNews