10 aprile 2013 – La ricerca di indicatori adeguati per misurare il progresso, il benessere e la felicità di un territorio ha negli ultimi anni messo a dura prova le analisi di studiosi di scienze sociali ed economisti. Italia compresa. Ma oggi, finalmente, grazie alla collaborazione Cnel–Istat è stato pubblicato il primo rapporto sul “Benessere Equo e Sostenibile” (BES) relativo al nostro Paese nella sua globalità e quindi anche in grado di tener conto anche delle differenze regionali.

La strada è stata lunga. Nella sola Italia, dal 2003 ad oggi sono state lanciate diverse iniziative finalizzate a misurare lo stato di benessere non più attraverso un indicatore univoco come il Pil, bensì mediante una serie di parametri non solo di carattere economico, ma anche sociale e ambientale. Finora, in Italia, i terreni di coltura più adatti per far germogliare tale tipologia di studio sono stati quelli prettamente regionali o provinciali. Nell’ottobre del 2009 ad esempio, Unioncamere del Veneto, Camera di Commercio di Venezia, Regione Veneto avevano promosso e avviato, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia un ambizioso Progetto di Ricerca, denominato “Oltre il PIL”, costituendo un Gruppo di Lavoro di esperti in discipline economiche, statistiche e sociali.

Finalmente però, in tempi più recenti, l’analisi è approdata anche sul tavolo degli enti nazionali: il Cnel e l’Istat sono infatti riusciti a elaborare il primo rapporto sul “Benessere Equo e Sostenibile” (BES). La collaborazione tra i due soggetti ha permesso inoltre di risolvere le due criticità principali insite nel processo di misurazione vera e propria del progresso: la prima, di natura prettamente politica, riguarda l’identificazione dei contenuti sottostanti il concetto di benessere in quanto tale; la seconda, di carattere tecnico-statistico, investe invece la misura dei concetti ritenuti rilevanti. Come già ampiamente condiviso dal dibattito internazionale sull’argomento, non solo non è possibile sostituire il Pil con un indicatore singolo del benessere di una società , ma occorre selezionare l’insieme dei parametri ritenuti più rilevanti nel determinare il benessere di ogni specifica collettività. Per farlo tuttavia occorre il coinvolgimento di tutti i settori della collettività e degli esperti di misurazione.

In questo senso il Cnel, organo di rilievo costituzionale, al quale partecipano rappresentanti di associazioni di categoria, organizzazioni sindacali e del terzo settore, e l’Istat, dove operano esperti della misurazione dei fenomeni economici e sociali, sono di fatto i soggetti più attrezzati per giungere alla definizione di un insieme condiviso di indicatori utili a definire lo stato e il progresso del nostro Paese.

Gli indicatori, selezionati anche attraverso l’apporto del mondo dell’associazionismo, sono tuttavia destinati a svolgere anche in futuro un ruolo chiave anche per l’elaborazione dei report successivi perché aspirano a divenire una sorta di “Costituzione statistica”, in pratica un riferimento costante e condiviso dalla società italiana in grado di segnare la direzione del progresso. A tale scopo il Benessere è stato valutato sulla base di dodici dimensioni principali: Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Ricerca e innovazione, Qualità dei Servizi.

Per ciascuna dimensione sono stati individuati dei parametri ulteriori per un totale complessivo di 134 indicatori utilizzati per arrivare alla definizione del BES. Ai parametri quantitativi che caratterizzano tradizionalmente l’economia di un paese, quale ad esempio il tasso occupazione, vengono accostati quelli di tipo qualitativo che vanno a scardinare di fatto la tradizionale impostazione che fa coincidere il reddito prodotto all’interno di un Paese con il livello di benessere dei cittadini che vi risiedono.

Nel campo della Salute, si sono fatti largo concetti che completano il dato numerico della speranza di vita alla nascita: viene presa in esame la speranza di vita in buona salute alla nascita e l’Indice di stato psicologico. Tiene conto invece del progressivo invecchiamento della popolazione, e quindi dell’aumento dell’età media, il criterio della speranza di vita senza limitazioni nelle attività quotidiane a 65 anni. Per misurare il livello di Benessere in relazione all’Istruzione occorre guardare alle opportunità formative disponibili lungo tutto il corso dell’esistenza: si possono spiegare così i nuovi indicatori adottati che premiano la partecipazione alla scuola dell’infanzia e la partecipazione culturale. Gli indicatori premiano la crescita del livello di educazione dei cittadini anche se la questione viene affrontata in modo parziale: viene considerata influente sul livello di benessere la competenza informatica in quanto tale ma non vengono prese in esame altre capacità quali la conoscenza o meno di un’altra lingua oltre a quella parlata ufficialmente nel proprio Paese.

La categoria Lavoro e conciliazione tempi di vita non solo tiene conto di aspetti tradizionalmente presi in esame quali il tasso di occupazione, ma anche della percentuale di trasformazioni nel corso di un anno da lavori instabili a lavori stabili. In pratica non basta avere un impiego che consenta il sostentamento ma occorre averne uno con una paga “sostenibile” (l’indicatore usato è: incidenza di lavoratori dipendenti con bassa paga) e adeguato al proprio livello di istruzione (incidenza di occupati sovra istruiti e soddisfazione per il lavoro svolto). Emergono anche valutazioni più strettamente inerenti alla questione della scelta tra carriera e famiglia da parte delle donne (rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli e l’indice di asimmetria del lavoro familiare).

La dimensione del Benessere economico che rischiava di essere appiattita su criteri prettamente quantitativi ( Reddito medio disponibile aggiustato pro-capite e la Ricchezza netta media pro-capite) tiene conto anche di parametri qualitativi tra cui l’Indice di disuguaglianza del reddito disponibile e l’Indice di vulnerabilità finanziaria. A fare da contraltare a tale categoria vi è quella del Benessere soggettivo dove vengono prese in esame questioni che investono la sfera più intima delle persone (soddisfazione per la propria vita, soddisfazione per il tempo libero e giudizio sulle prospettive future).

Più tradizionali, e quindi più intuitivi gli indicatori utilizzati per le categorie Sicurezza, Qualità dei Servizi, Paesaggio e patrimonio culturale, e Ambiente anche se emerge nel complesso una maggiore attenzione non solo a informazioni di tipo quantitativo ( tasso di furti e omicidi, ad esempio, liste d’attesa e numeri di posti letto nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari) ma anche nei confronti del percepito (tra cui ad esempio la “Preoccupazione per la perdita di biodiversità”.

Le Relazioni sociali si conquistano uno spazio importante nella valutazione del benessere: ma per generare benessere tale relazioni devono generare soddisfazione sia nella rete familiare che amicale. Non solo si tiene conto della partecipazione sociale e delle attività di volontariato svolte , ma anche della qualità delle relazioni instaurate. In questa categoria si possono individuare i due parametri più innovativi di tutto il sistema di misurazione: si tiene conto delle “Attività ludiche dei bambini da 3 a 10 anni svolte con i genitori” e degli “Aiuti gratuiti dati” anche al di fuori del contesto delle associazioni di volontariato. I concetti chiave alla base della categoria sono la “partecipazione e la fiducia”. La categoria include anche indicatori di genere importanti come la presenza delle donne in Parlamento, negli organi decisionali, nelle istituzioni locali e nei consigli d’amministrazione delle società quotate in Borsa. Fanalino di coda invece la categoria Ricerca e innovazione: viene misurata “l’Intensità di ricerca” intesa come percentuale di spesa in rapporto al Pil mentre “La Propensione alla brevettazione” sta ad indicare il numero totale di domande di brevetto presentate all’Ufficio Europeo dei Brevetti per milioni di abitanti. Nulla viene invece “misurato” in termini di qualità della ricerca stessa. Quanta ricerca ad esempio viene svolta in Italia per migliorare le condizioni di salute della popolazione e contrastare determinate malattie? La stessa propensione ad ottenere il brevetto di per sé considerato è sicuramente indice di un’attività tesa alla trasformazione di processi o strumenti già esistenti. Ma quante di queste trasformazioni perseguono una finalità che può essere portata a beneficio dell’intera popolazione ( quali ad esempio investimenti nella ricerca di nuovi dispositivi biomedicali, nuove tecnologie per ridurre l’impatto ambientale o favorire il risparmio energetico?

Rosaria Barrile

 

A cura di ETicaNews