9 luglio 2014 – Gli Emirati Arabi, uno dei dieci maggiori produttori di petrolio al mondo, diventano portavoce della sostenibilità. Lo Stato arabo ha costruito, alle porte di Abu Dhabi, Masdar City, una città futuristica che sfrutta unicamente energie rinnovabili, sta investendo milioni di dollari nella ricerca universitaria sull’energia pulita in partnership con il Mit di Boston, e punta a far entrare Dubai nella top ten delle città sostenibili entro il 2020. Resta forte, però, la volontà di incrementare la produzione di greggio del Paese.

Inaugurata nel 2006, Masdar City è oggi completamente alimentata da energie pulite. I pannelli fotovoltaici sopperiscono all’80% dell’elettricità necessaria a sostenere i consumi dei cittadini. Solo il 2% dei rifiuti finisce in discarica, mentre, in una regione desertica come quella degli Emirati, si è pensato di desalinizzare l’acqua presente nelle falde sotterranee rendendola potabile grazie all’energia solare. La città sarà completata nel 2025 per un investimento complessivo, si legge sul sito ufficiale, «di 18-19 miliardi di dollari». La costruzione di Masdar City è interamente finanziata dalla Mubadala Development Company, il fondo sovrano del governo di Abu Dhabi che ha il compito di diversificare le partecipazioni azionarie pubbliche.

Nell’avveniristica città sorge anche il Masdar Institute of Science and Technology,un centro di ricerca dedicato esclusivamente allo studio delle rinnovabili. Oggi l’istituto conta 400 studenti, organizza master e dottorati, e ha avviato 300 progetti di ricerca sull’energia pulita. L’università araba vanta una partnership con il Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston, che, si legge sul sito del Masdar Institute, «gioca un ruolo chiave nello sviluppo dell’Ateneo». Si va dalla collaborazione nei progetti di ricerca alla creazione di corsi di studio congiunti.

La corsa verso un approccio più “verde” coinvolge anche l’emirato di Dubai, a nord di Abu Dhabi, che ospiterà l’Expo 2020. Per quella data le autorità locali intendono far entrare Dubai nella top ten delle città più sostenibili del mondo. È stata istituita una commissione speciale per la sostenibilità che avrà il compito di studiare e dare esecuzione a iniziative di edilizia green, come la costruzione della “Dubai Smart Sustainable City”. Annunciata in marzo, la nuova città sarà completamente autosufficiente dal punto di vista energetico e dei trasporti, e quando sarà completata nel 2020 ospiterà 160mila persone.

L’impegno degli Emirati Arabi Uniti sulla strada della sostenibilità si sta ripetendo in altri Paesi produttori di petrolio. L’Arabia Saudita si è posta l’obiettivo di generare entro il 2020 il 10% della domanda energetica grazie a fonti rinnovabili. Il Qatar, invece, sta investendo 500 milioni di dollari nella costruzione di un impianto per la produzione di polisilicio, un materiale utilizzato nella fabbricazione di celle solari.

Negli Emirati Arabi, però, gli sforzi per l’adozione massiccia di fonti rinnovabili stridono con le ambizioni commerciali del governo: stando ai dati forniti dal Dipartimento statunitense dell’energia (EIA), nel 2012 lo Stato ha prodotto in media 2,8 milioni di barili di greggio al giorno e punta a raggiungere, entro la fine del decennio, i 3,5 milioni di barili. Parallelamente, i dati provenienti dall’emirato di Abu Dhabi, da solo responsabile di larga parte della produzione petrolifera statale, parlano di un contributo al Pil da parte dell’industria degli idrocarburi pari al 56,48% nel 2012, in diminuzione rispetto al 57,3% del 2011. Un calo leggerissimo, segnale di un’ambivalenza tra sostenibilità e petrolio che lo Stato arabo sarà necessariamente chiamato a risolvere nei prossimi anni.

A cura di ETicaNews