24 giugno 2013 – Il primo rating etico di legalità è stato assegnato dall’Antitrust il 17 aprile. Quel giorno, furono quattro le aziende ammesse al giudizio, e una di quelle è tra le due che, a oggi, hanno ottenuto il valore massimo (tre stellette). L’Antitrust, lo scorso 18 giugno, in occasione della relazione annuale, ha presentato i primi dati relativi all’istituto introdotto lo scorso anno per misurare l’eticità delle aziende italiane, provvedimento strutturato in chiave principalmente di rispetto delle normative, ma con un espresso valore riconosciuto alle strategie di Corporate social responsibility.

Ebbene, «l’Autorità – ha illustrato il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella – ha adottato il Regolamento attuativo e il rating sta incontrando il forte interesse delle imprese». Dall’inizio dell’anno, ha proseguito, «sono state presentate quasi 100 richieste. Le domande che sono state già valutate dall’Autorità hanno condotto all’attribuzione del rating a 25 imprese». Le si può trovare sul sito in una tabella indicante il giorno di attribuzione e il livello del rating. Sarebbe un segnale importante accompagnare ognuna delle società con qualche indicazione sui criteri rispettati ed eventualmente mancanti, insomma una massima trasparenza anche nell’assegnazione del giudizio. Dalla lista, emerge che, appunto, solo due società hanno ottenuto il rating massimo (tre stelle), la maggior parte si ferma a due stellette. Le mancanze, stante a quanto prevede il regolamento, riguardano le parti facoltative (in quanto la prima stella è obbligatoria, e si rifà ai vincoli normativi) che possono garantire fino a due stelle spalmate su sei parametri tra cui la Csr.

«L’implementazione del nuovo sistema – si legge nella relazione – apre un’importante sfida, non solo per l’Autorità, per la novità “culturale” che essa racchiude. In un ordinamento tradizionalmente caratterizzato da diffusa illegalità e fondato su un approccio di tipo repressivo, si sono gettate le basi di un sistema premiale per l’accesso al credito delle aziende virtuose e che si dimostrano attive nel contrasto alla criminalità».

La cosa negativa, in questa sfida culturale, è che non si sono mosse società dal nome importante: non ci sono gruppi rappresentativi a livello nazionale, né ci sono società quotate in Borsa. Certo, l’obiettivo del rating di legalità è quello di incunearsi sul territorio, proprio in ambiti dove non c’è notorietà e tantomeno i riflettori dei media.

Eppure, un campione nazionale nella lista ne aiuterebbe il richiamo e accelererebbe la sfida.

 

A cura di ETicaNews