28 novembre 2012 – In inglese si dice “win-win”. Si tratta di quelle situazioni in cui entrambe le parti in causa ci guadagnano e non soltanto una. Un paper di due esperti, entrambi nativi africani, il sociologo ed economista Mahamadou Lamine Sagna e Ibrahim Sagna, che ha cominciato la carriera di gestore di investimenti all’Fmi, dice chi sono le parti in causa: gli investitori istituzionali e l’Africa.

Oggi, esordiscono i due esperti, c’è molto dibattito sul ruolo che possono avere i fondi pensione nello sviluppo economico. Ebbene, a patto che siano rispettate alcune condizioni etiche, i fondi pensione potrebbero contribuire allo sviluppo della popolazione e dell’industria del continente africano, dove – come contro partita – troverebbero terreno fertile per le loro risorse, vista la giovane età degli abitanti (e i fondi pensione hanno un orizzonte temporale di lungo termine), il potenziale economico e la scarsissima diffusione di questo genere di investitori.

Se si guarda al Pil, sei tra i dieci Paesi che hanno avuto la maggiore crescita economica degli ultimi dieci anni sono Stati sub-sahariani. L’anno scorso il Ghana è stata l’economia più performante al mondo, grazie a un +13 per cento. Anche gli investimenti esteri sono cresciuti e nell’ultimo decennio si sono sestuplicati.

Eppure, qui, l’industria del risparmio gestito quasi non esiste, per diverse ragioni sociali, culturali e istituzionali. E questo nonostante la capacità di risparmio sia cresciuta tra il 1998 e il 2007 dal 17,8% al 22,1% del Pil nell’Africa sub-sahariana e dal 21% al 30% del Pil nel Nord Africa. Del resto, soltanto il 15% della popolazione dell’Africa sub-sahariana ha un conto corrente bancario ed esistono meno di 5 filiali ogni 100mila adulti. I risparmi sono affidati a gestori “alternativi”, esterni al sistema finanziario istituzionale, più adatti a ricevere piccoli depositi giornalieri in contanti.

Gli investimenti scarseggiano soprattutto a livello regionale, mentre arrivano dall’estero. La Cina investirà quest’anno 100 miliardi di dollari, l’India 46 miliardi. Se tradizionalmente gli investimenti esteri, soprattutto quelli dei fondi pensione, andavano nel settore primario (minerario, petrolio e agricoltura), di recente si nota un aumento degli investimenti in altri settori, in primis le telecomunicazioni.

Ma, interesse di cinesi, indiani e occidentali a parte, gli stessi africani stanno costruendo la loro rete istituzionale e un ruolo sempre più importante negli investimenti è assunto da African Development Bank (AfDB), African Finance Corporation (AFC), West African Bank of Development (BOAD) e da compagnie assicurative locali.

Così, la dimensione degli asset in fondi pensione ha cominciato ad aumentare: in Sudafrica da 166 a 277 miliardi di dollari tra il 2007 e il 2011, in Nigeria da 3 miliardi del 2008 ai 14 miliardi del 2010. A contribuire alla crescita è stato anche un cambio nella regolamentazione, in quanto ai fondi pensione è stato consentito di investire in private equity.

Come disse il primo Presidente della Costa d’Avorio, Felix Houphouet Boigny, «date da mangiare al bambino che non ha ancora i denti, lo stesso bimbo nutrirà voi quando non avrete più i denti».

 

A cura di ETicaNews