5 marzo 2014 – Analisi Sri non ti conosco. Tra quelle che si occupano di titoli italiani, sono poche, pochissime, le case di brokeraggio “sell-side” (cioè che vendono le proprie raccomandazioni d’investimento in Borsa) che al proprio interno hanno un team di analisti specializzato nell’analisi Sri (socially responsible investing). In Italia, addirittura, nessuna (e si parla di assenti illustri come Intermonte, Mediobanca, Equita e Banca Imi). Nel mondo, Société Générale ha fatto da pioniera introducendo la metodologia dell’analisi “integrata”, quella cioè basata sull’incorporazione degli indicatori Esg (Environment, Social and Governance) all’interno dell’analisi fondamentale. E, in base all’inchiesta condotta da ETicaNews nelle scorse settimane, e alle risposte ricevute, SocGén è stata seguita da poche coraggiose: Kepler-Cheuvreux, Ubs, Morgan Stanely e Bank of America-Merrill Lynch (resta il punto interrogativo su Goldman Sachs che, accreditato come attivo sul fronte Sri, non ha però risposto alle domande). Di cosa si tratta? Dell’ultima frontiera dell’analisi Sri. Nata come semplice analisi extra-finanziaria propedeutica a quella fondamentale, l’analisi Sri oggi è sempre più “integrata” a quella fondamentale.
DALLA QUALITÀ ALLA QUANTITÀ
C’è stato, insomma, un cambiamento di metodo importante. Nella sua prima accezione, quella extra-finanziaria, l’analisi Sri consiste tuttora in una valutazione squisitamente “qualitativa” degli aspetti legati alla sostenibilità e si pone come obiettivo la “scrematura” delle società Sri-compliant da quelle che non lo sono. Una volta selezionate, le società Sri-compliant vengono poi analizzate dall’analista fondamentale (buy-side, quello che guarda dentro l’azienda, per cercarne i fondamenti nei bilanci) e infine approdano al gestore che le impacchetta nel suo fondo Sri. In Italia sono numerose le società che la producono: da Etica Sgr a Vigeo fino a Ecpi e Eiris per citarne alcune.
Diversa è la metodologia per l’analisi integrata, la quale traduce in numeri gli indicatori di sostenibilità e ne misura l’impatto sull’azienda (in termini di rischi e creazione di valore). Si entra nella dimensione “quantitativa”. Il punto, in sostanza, è rendere “comprensibili” e utilizzabili gli indicatori Esg agli analisti fondamentali. Nell’ottica, eventualmente, di produrre un unico report che includa sempre la dimensione Sri per la copertura di tutti i titoli. Così lavora per esempio SocGén (l’approfondimento sull’istituto francese sarà pubblicato la prossima settimana) che, grazie all’interscambio tra i due team di ricerca – quello Sri e quello fondamentale – ha preso in considerazione i fattori di sostenibilità in tutti i suoi report. Ubs pubblica periodicamente un report, “l’Esg Analyser”, oggi alla sua quarta edizione, in cui fa luce sulle implicazioni degli indicatori Esg sui titoli partendo da un’analisi settoriale. Morgan Stanley ha invece prodotto un “valuation framework” che punta a integrare i criteri Esg nell’analisi dei titoli pan-europei. Certo, manca ancora una metodologia condivisa e sistematizzata, e su questo sta lavorando l’Effas, l’European federation of financial analysts societies (su questo tema, è in programma la pubblicazione di un’intervista a Daniela Carosio).
VOCI NEL DESERTO
In Italia, non esiste alcun team di ricerca sell-side che abbia al proprio interno una componente Sri. Esistono però uffici studi più sensibili di altri. L’Istituto centrale delle banche popolari italiane (Icbpi), per esempio, inserisce in fondo ai propri report una sezione qualitativa in cui confluiscono, sotto forma di “fattore di rischio”, le componenti della sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Chi invece la dimensione della sostenibilità la traduce in numeri è Banca Akros dove gli analisti, nel calcolo del “beta” (la volatilità rispetto al mercato), possono inserire alcuni fattori legati in particolare alla governance come il rischio politico, la qualità del management, la trasparenza finanziaria e la comunicazione corporate, ai quali viene attribuito un valore da 1 a 5.
QUALCHE SEGNALE DALL’INTERNO
Se gli analisti sell-side italiani, con poche eccezioni, ripongono poca attenzione alle componenti Esg, la situazione è migliore per quanto riguarda gli analisti buy-side, quelli cioè che lavorano con i gestori, a maggior ragione se questi ultimi vendono prodotti Sri. È il caso, per esempio, di Generali Investments Europe: nel processo di scelta dei titoli da inserire all’interno dei fondi, i due analisti – quello Sri e quello fondamentale – confrontano i propri risultati e ne discutono. “Non bisogna però nascondere il fatto che l’integrazione non si fa in cinque minuti – spiega Franca Perin, responsabile Sri per Generali Investments Europe – è necessaria una presa di coscienza sull’impatto finanziario degli indicatori Sri. Per questo l’analisi Sri, per come la produciamo qui, è fin da subito finanziaria. Oggi i colleghi del team di ricerca fondamentale richiedono le nostre analisi e vogliono lavorare assieme a noi, ciò vuol dire che il nostro lavoro viene apprezzato”.
Camilla Gaiaschi
A cura di ETicaNews