26 febbraio 2013 – Lei si chiama Durreen Shahnaz, è bangladese, e la sua creatura, Impact Investment Exchange Asia (ASIA IIX) basata a Singapore si gioca la palma di prima Borsa Sociale del mondo con la Social Stock Exchange (SSE) di Londra. Una carriera multiforme la sua, tra banche di ogni tipo (Morgan Stanley, Grameen Bank, World Bank, Merril Lynch), universo media (Hearst Magazines International, Reader’s Digest Asia, and Asia City Publishing Group) e una passione per l’innovazione sociale che l’aveva già portata a creare, all’alba dei trent’anni, una piattaforma web (OneNest) per mettere in collegamento artisti e artigiani con potenziali acquirenti d’arte in tutto il mondo. Un’intuizione figlia della sua esperienza presso la banca di Mohammed Yunus, scoprendo che molti default si originavano dalla difficoltà dei mutuatari di accedere al mercato per vendere i propri prodotti.

“Quando sono entrata nei miei 40 anni ho sentito che molte delle cose che avevo fatto nella mia vita stavano iniziando ad acquistare un nuovo senso, arrivando al pettine. Essendo bangladese sono molto influenzata dalla filosofia legata al fato e al karma o comunque vuoi chiamarlo”, ha detto la Shahnaz in un colloquio con i conferenzieri di Ted. Il filo della vita l’ha condotta oggi verso la creazione “di qualcosa che sta cambiando e mettendo in discussione la nozione stessa di mercato di capitali. Una Borsa per la giustizia sociale. Così, se sei un investitore, puoi utilizzare i tuoi capitali, avere un ritorno e cambiare il mondo allo stesso tempo. Ed è qualcosa che ha senso per tante persone. All’impresa sociale stiamo invece dicendo: questa non è una donazione, sei davvero considerata alla pari di ogni altra società, e questa è una strada fantastica per essere valutata per il lavoro che fai sul versante sociale ma anche su quello finanziario. Perché hai una responsabilità, e quindi devi avere una prudenza finanziaria”.

La scelta, a lungo dibattuta, di basarla a Singapore (con il sostegno del braccio economico del governo, l’Economic Development Board, oltre all’appoggio dell’Asian Development Bank e della Rockefeller Foundation) rappresenta una sfida nella sfida. La città Stato insulare del sud est asiatico ha poco meno di cinquanta anni e rappresenta il quarto centro finanziario del mondo, dove molti inseguono le cosiddette “five C’s”: car, condominium, credit card, club membership, e career. Ma Singapore è anche qualcos’altro.

La sua localizzazione geografica (in una delle zone più trafficate del mondo), esaltandone l’approccio commerciale e l’apertura mentale degli abitanti, ne ha guidato una crescita veloce e imponente dando vita a un centro dinamico di culture e professionalità consapevole del valore delle differenze. Un singaporiano ha definito la propria terra come “il Rojak, un’insalata molto popolare da queste parti. I vari ingredienti, coperti dalla stessa salsa di arachidi, formano un insieme distinto in cui ogni parte è chiaramente distinguibile. La salsa di arachidi sono gli abitanti di Singapore; gli altri ingredienti sono le diverse tradizioni culturali”. Metafora intuitiva. E questa realtà, che nel passato si è tradotta in un approccio poco convenzionale nei confronti degli ex colonialisti – cioè di collaborazione e non di osteggiamento -, oggi vuol dire poter offrire ben 7 incubatori d’impresa, credendo nel valore del lavorare in squadra, con regole certe e obiettivi ben definiti – fino al punto da essere indicato come esempio di nanny state o “benevolent dictatorship” – per favorire l’innovazione e il progresso. Nel caso dell’impact investing: permettendo l’incontro di una domanda e di un’offerta nuove che spontaneamente si stanno avvicinando. In attesa della partenza ufficiale della Borsa (le autorità regolatorie sono ferme nella posizione di permettere l’accesso solo a investitori istituzionali e non al retail, almeno in una prima fase), la Shahnaz sta preparando da tempo un florido ecosistema, di cui fanno parte law firms, accountants, agenzie di rating, financial advisors, università, che è già in frenetico movimento. Impact Partners e Impact Investment Shujog, rispettivamente una piattaforma online per l’incontro privato di capitali e imprese sociali (che aveva già raccolto circa 70 milioni di dollari, 140 investitori e una dozzina di società, come raccontava la Shahnaz a Forbes lo scorso anno) e una organizzazione gemella della nascente Borsa sociale ma pensata esclusivamente per il non profit, sono già delle considerevoli realtà. Mentre l’Impact Forum, una due-giorni dedicata all’impact investment che l’anno scorso ha raccolto 400 delegati da 45 Paesi, quest’anno giungerà alla terza edizione, sotto l’insegna delle “I’s”: Investing in Inclusion il titolo della rassegna, “Inspire, inform, ignite” le parole d’ordine. L’appuntamento è per il prossimo 13 e 14 giugno.

Felice Meoli

 

A cura di ETicaNews