06 aprile 2014 – Quantitativamente (ma non qualitativamente) in regola sul fronte dei consiglieri indipendenti, le banche italiane quotate non si liberano del vizietto del cumulo degli incarichi dei propri amministratori. Così, sul fronte della governance, e con le nuove disposizioni di Vigilanza di Bankitalia, gli istituti di credito si preparano a dover affrontare una sorta di rivoluzione.
A passare al setaccio il settore bancario nazionale e le regole di governo che fino a oggi lo hanno caratterizzato è Nedcommunity, l’associazione dei consiglieri indipendenti. Attraverso un osservatorio dedicato, sono emersi tre aspetti principali: che la presenza degli indipendenti nelle banche è al 52% ma i criteri che li definiscono sono “lassi”; che la presenza femminile si è arricchita di 22 presenze nel 2013; e che sul cumulo degli incarichi c’è ancora diversa strada da fare.
Partendo dal primo aspetto, il peso degli amministratori indipendenti, definiti in base al Testo unico della finanza (Tuf) e/o al Codice di autodisciplina è al 52 per cento. A prima vista, quindi, pari a circa il doppio della nuova previsione secondo la quale «almeno un quarto dei componenti devono possedere i requisiti di indipendenza». Tuttavia, l’analisi delle modalità applicative delle definizioni evidenzia una forte disomogeneità e la necessità di una maggiore attenzione ai profili di indipendenza sostanziale. In realtà, come viene evidenziato da Banca d’Italia nell’Analisi dei risultati dell’autovalutazione, il numero elevato di consiglieri considerati indipendenti appare riconducibile, tra l’altro, «alla lassità» dei criteri applicativi utilizzati. Un quadro già evidenziato in passato da Assonime nei Rapporti annuali più recenti: nel 2012, le situazioni definite «a rischio di effettiva indipendenza» erano in aumento e più frequenti nel settore finanziario (38%) rispetto agli altri settori (18%).
A ciò si aggiunge il fatto che, benché le Disposizioni di Banca d’Italia non introducano limiti al numero di incarichi, in alcuni casi sembra sia opportuno intervenire nello statuto per introdurre dei “tetti”. I dati di Nedcommunity riportano che il numero medio di incarichi per consigliere è pari a 3 e che mediamente ci sono 4,4 consiglieri per banca che hanno 5 o più incarichi. Su un totale di 322 componenti, il 28% non ha altri incarichi; il 21% ha almeno 5 incarichi; il 6,5% ha almeno 10 incarichi. Sarebbe dunque opportuno, spiega lo studio, intervenire a livello statutario ponendo dei limiti più stringenti di quelli attuali.
Questa situazione sta comunque per cambiare visto che le nuove norme proposte da Bankitalia in materia di governo societario avranno un importante impatto sulla governance delle banche italiane, sia dal punto di vista quantitativo sia da quello qualitativo.
La richiesta di Banca d’Italia di introdurre un tetto di 13 amministratori per gli istituti con modello di governance tradizionale e di 19 per quelli che adottano un modello dualistico (Intesa, Ubi, Banca Popolare di Milano) imporrà una cura dimagrante. L’Osservatorio riporta che 8 banche hanno una dimensione che rispetta tale massimo, mentre le rimanenti dovranno necessariamente provvedere a una riduzione. In tutto dovrebbero essere tagliate 65 poltrone. Per gli istituti quotati potrebbe, poi, diventare obbligatoria, secondo Via Nazionale, la creazione dei principali comitati “endoconsiliari”, all’interno dell’organo con funzione di supervisione strategica (comitato dei controlli interni, comitato remunerazioni, comitato nomine). Questi organi dovranno essere composti da 3/5 membri in maggioranza indipendenti, presidente compreso. Secondo i dati del 2012, soltanto 2 banche con modello tradizionale non avevano il comitato controlli interni, 3 il comitato remunerazioni e 4 il comitato nomine. In pochi casi i comitati sono molto numerosi.
In questo quadro, si rileva l’efficacia di interventi normativi per regolare il buon governo. Basti pensare se in 4 banche quotate nel 2012 non erano presenti donne in consiglio la situazione è radicalmente cambiata nel corso del 2013 con l’entrata in vigore della legge Golfo-Mosca: nelle banche i cui consigli sono stati rinnovati nel 2013, il numero delle donne è cresciuto di 22 unità e alla fine dell’anno ogni board registrava la presenza di almeno una donna.
Sofia Fraschini
A cura di ETicaNews