13 novembre 2012 – Delle prime 85 società per capitalizzazione della Borsa di Milano, 41 non hanno pubblicato un bilancio di sostenibilità. Detto in termini percentuali, è il 47 per cento. Detto con nomi e cognomi, li si trova tutti all’ultima pagina del report  (e per comodità li si ripete in calce a questo articolo) con cui Lundquist ha presentato, nei giorni scorsi, l’edizione 2012 dei “Csr online awards”. Una edizione piuttosto coraggiosa, nella quale, appunto, oltre alla consueta analisi e premiazione di ciò che viene realizzato dalle società in termini di comunicazione sul web della responsabilità sociale, viene per la prima volta (essendo l’analisi raddoppiata da 50 a 100 aziende) messo in luce anche “ciò che non si fa”. E che spesso, sui media tradizionali, coincide con “ciò di cui non si può parlare”. Ad alcuni giorni di distanza dalla diffusione del report, infatti, nonostante il risalto ottenuto dalla ricerca, è significativo il relativo silenzio sul fatto che la metà delle principali società di Piazza Affari non si curi della reportistica Csr, rendendo il listino italiano (o forse il capitalismo italiano) uno dei più arretrati in Europa. Ed evidenziando quanto, al di là delle parole e delle posizioni di circostanza, sia ancora flebile la cultura generale di una vera responsabilità sociale.

Insomma, la classifica 2012 – realizzata prendendo le 85 maggiori aziende per capitalizzazione di Borsa, più le principali 15 non quotate (per fatturato 2011) con rendicontazione sociale – rivela qualche luce, ma presenta soprattutto ombre. Le luci riguardano il plotone dei soliti noti, nel senso i più impegnati da anni nella Csr. La utility Hera torna in cima alla classifica rispetto al terzo posto dell’anno scorso con 76,5 punti su un massimo di 100, seguita da Telecom Italia (seconda con 73,25) ed Eni (terza con 71,5 punti). Nella top 10 ci sono poi Fiat SpA (69), UniCredit (66), Snam (64,75), Fiat Industrial (63), Terna (63), Enel (62,5) ed Edison (60,5). Ma anche nelle luci c’è qualche sbavatura. Per esempio, l’ancora scarsa attenzione alle potenzialità di Internet. «Delle 59 grandi società che pubblicano il bilancio Csr – si legge nel report – molte si fermano a un lavoro di “copia-e-incolla” più o meno esteso dei testi preparati per il bilancio cartaceo senza adottare un approccio strategico sul web e cogliere le opportunità che questo offre in termini di trasparenza, dialogo e confronto. Per questo motivo, il punteggio medio del Csr Online Awards Italy 2012 scende a 34 su 100, rispetto a 44,2 per le 100 società più grandi d’Europa». Viene poi bocciato il plotone delle aziende fuori listino: «Deludente – scrive l’analisi – la performance delle 15 società nonquotate incluse nella ricerca (punteggio medio 21,4)».

Ma il vero buio, appunto, lo si incontra in Borsa dove finiscono i bilanci di sostenibilità. «La ricerca – spiegano gli analisti di Lundquist – ha messo in evidenza che il 47% delle maggiori aziende quotate in Italia non investe nella rendicontazione formale di tematiche Csr. Il bilancio Csr o di sostenibilità è assai più raro tra le società a media capitalizzazione; ma sorprende che il 30% delle 40 imprese più grandi, incluse nell’indice delle “blue chip” nazionali (FtesMib), non rediga un bilancio Csr. Tra queste: Azimut, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Campari, Diasorin, Mediobanca, Mediaset, Parmalat, Salvatore Ferragamo e Tod’s».

Il confronto con gli altri Paesi oggetto dell’indagine Lundquist parla da sé: «In Svizzera la ricerca rileva che solo il 20% delle società dell’indice SMI non pubblica un bilancio CSR, mentre il dato si ferma al 7% per le 30 imprese dell’indice tedesco DAX e all’8% per le 40 maggiori società nei Paesi nordici».

Le società italiane, rientranti tra le prime 85 per capitalizzazione (chiusura delle negoziazioni del 24 aprile 2012 ), che non hanno pubblicato il bilancio Csr o di sostenibilità:

Amplifon,
Ascopiave,
Astaldi,
Autostrada Torino-Milano,
Azimut Holding,
Banca Popolare Emilia Romagna,
Banca Popolare di Sondrio,
Banco Desio e della Brianza,
Banco di Sardegna,
Benetton,
Brembo,
Brunello Cucinelli,
Credito Emiliano,
Danieli & Co,
Datalogic,
Davide Campari-Milano,
Dea Capital,
De’Longhi,
Diasorin,
Enel Green Power,
Geox,
Industria Macchine Automatiche,
Interpump Group,
Luxottica,
Marr,
Mediaset,
Mediobanca,
Milano Assicurazioni,
Nice,
Parmalat,
RCS Mediagroup,
Recordati,
Safilo Group,
Salvatore Ferragamo,
Save,
Sorin,
Tod’s,
Trevi Finanziaria Industriale,
Vittoria Assicurazioni,
Yoox,
Zignago Vetro.

 

A cura di ETicaNews